Chiuso importante scavo archeologico a Cividale del Friuli

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Si è chiuso oggi il cantiere di Piazza San Giovanni Xenodochio, a Cividale del Friuli, un importante scavo archeologico che ha aperto una nuova finestra sullo straordinario palinsesto dell’antica città di Cividale.

I lavori, diretti dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, erano ripresi qualche settimana fa dopo un periodo di sospensione funzionale al recupero dei fondi necessari ad un ampliamento dell’area di scavo, resosi indispensabile per documentare una stratigrafia complessa che sarebbe stato difficile comprendere operando in un’area di piccole dimensioni.
L’intervento, inquadrato nelle modalità stabilite dall’archeologia preventiva come da normativa vigente, era stato avviato con fondi del Comune di Cividale in relazione ad opere di riqualificazione urbanistica, ma è stato concluso con un primo stanziamento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e con un successivo lotto, sempre ministeriale, attivato con procedura d’urgenza, in considerazione della rilevanza dei contesti emersi.
Le indagini, infatti, nonostante numerose compromissioni avvenute nel tempo, legate al rifacimento settecentesco della chiesa e alla realizzazione di sottoservizi moderni, hanno portato alla luce una porzione di sepolcreto di età longobarda con una ventina di tombe relative a individui non appartenenti alla cultura germanica, come attestato dai corredi funerari costituiti da coltellini in ferro e pettini in osso, tipici delle popolazioni autoctone che risiedevano dentro la città tra VI e VII secolo.
Al di sotto del sepolcreto è emerso un grande edificio di cui sono stati scavati 7 vani, indagati parzialmente in quanto sviluppati oltre il perimetro di scavo. Si tratta di una struttura di grandi dimensioni, compatibile con una connotazione pubblica dell’area, che parrebbe fondata nel IV secolo, in relazione alla monumentalizzazione della città avvenuta in epoca tardoantica.
L’edificio, oggetto di numerose rielaborazioni che sembrano dilatarsi per oltre due secoli (con l’inserimento di numerosi focolari, pavimenti in cocciopesto e sistemazioni in battuto o in laterizi che ne suggeriscono un utilizzo funzionale) fu progressivamente abbandonato a partire dal VI secolo, quando la destinazione funeraria si fece via via prevalente.
L’area doveva rientrare negli stessi possedimenti fiscali della corte regia ove nell’VIII secolo il duca Rodoaldo fondò lo Xenodochio, una struttura di accoglienza posta presso il lato orientale delle mura urbane con ogni probabilità associato alla contigua chiesa di San Giovanni.
Prima di procedere alla chiusura definitiva del cantiere, nelle scorse giornate di sabato pomeriggio e lunedì mattina, è stato possibile, da parte dei cittadini, ascoltare il resoconto degli scavi con la vista diretta di quanto è stato portato alla luce. Un modo per dare conto alla comunità cividalese di un patrimonio comune, un patrimonio con cui convivere, nei disagi che uno scavo porta con sé ma anche nelle sue gratificazioni.
“Il successo più grande di questo intervento, oltre ovviamente a quello scientifico, – afferma il Soprintendente Corrado Azzollini – è stato quello di aver potuto realizzare uno scavo in estensione con la sinergia dei due Enti coinvolti, il Ministero e il Comune, nella condivisa prospettiva di acquisire informazioni utili per un sempre più ampio approfondimento nella conoscenza del patrimonio archeologico della città che fu sede del primo ducato longobardo d’Italia, da cui l’inserimento nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO all’interno del sito seriale I Longobardi in Italia. I luoghi del potere 568-774 d.C. “