Riforme per l’Europa: intervento della presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli

Dopo aver ascoltato le proposte di molti dei candidati del Nord Est alle elezioni europee, devo tristemente riscontrare una generalizzata mancanza di passione per l’Europa.

L’economia continentale è schiacciata tra due blocchi che attuano strategie aggressive a tutela dei propri interessi e l’Europa (già fin troppo debole) deve reagire per rafforzare la propria sovranità. Con tutti i suoi limiti, l’Ue resta per l’Italia l’unico orizzonte di sviluppo e di progresso possibile. Fuori da questo fragile perimetro, infatti, saremmo ancora più deboli. Per questo sentiamo la responsabilità di promuovere un modello europeo che possa assicurare crescita, occupazione e benessere per i nostri cittadini. Per raggiungere questi obiettivi occorre ripartire da ciò che ha reso possibile fin dall’inizio il cammino verso l’integrazione: l’industria.

Sul fronte interno, abbiamo bisogno di un quadro armonizzato di regole, riducendo la burocrazia, di investimenti nel campo della ricerca, della cybersecurity, delle infrastrutture per recuperare dinamismo e colmare i molti gap competitivi accumulati. Dobbiamo trovare una digital way italiana per la nostra manifattura. Siamo la seconda manifattura in Europa, per ora -aggiungo- perché il rischio di retrocedere è concreto. Il mondo sta cambiando con una velocità esponenziale. Cambia la tipologia delle imprese leader globali, da manifattura a servizi digitali. Nella classifica mondiale delle 50 società per capitalizzazione di borsa nel 2018, nei primi 9 posti troviamo imprese di informatica, elettronica, ICT e servizi online, aziende come Ford, GM e GE sono ben più in fondo alla graduatoria. La motivazione di questo ribaltamento del mercato si chiama trasformazione tecnologica. L’Italia è al 25 posto secondo l’indice DESI, che misura il progresso dei 28 Stati membri dell’Unione verso un’economia e una società digitale. Ecco: se non saremo in grado di adeguarci velocemente a questo paradigma, la nostra manifattura declinerà inevitabilmente. E con lei, visto che è la spina dorsale dell’economia italiana, declinerà il Paese.

L’obiettivo è quello di focalizzare gli interventi strategici del governo su formazione dei giovani e riqualificazione delle risorse umane già impiegate perché la digitalizzazione sta trasformando il mondo e, come mai prima nella storia, è diventato centrale il ruolo delle competenze. È qui che ci giochiamo il futuro. È la chiave dello sviluppo economico e industriale perché crea lavoro, ricchezza e benessere per tutti. Proprio la velocità del cambiamento innescato dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica e gli scarsi investimenti in capitale umano hanno determinato l’aumento delle diseguaglianze e l’impoverimento relativo della classe media. Tutto questo ha prodotto un tracollo della fiducia dei cittadini nel futuro e nelle istituzioni, soprattutto nei confronti del progetto Europa.

A questa pericolosa deriva, che impoverisce l’economia, spaventa le persone e intacca persino i valori delle democrazie liberali, si reagisce soltanto con l’esercizio di un ruolo coraggioso, che porti a un’iniezione di investimenti sulle imprese e sul capitale umano, inteso come formazione, ma anche come supporto alla famiglia per invertire il trend di invecchiamento della popolazione. In Italia – ma anche in Europa – nascono sempre meno bambini. Il motivo è chiaro: non c’è adeguato supporto alla famiglia, alla maternità. La questione demografica, con tutte le conseguenze potenzialmente dirompenti nel medio-lungo periodo, richiede una reazione immediata.

Insomma, Europa non significa perdere la nostra identità nazionale. Basta con questa retorica che addirittura ha scalzato la storica contrapposizione tra destra e sinistra, trasformandola in una divisione tra europeisti e antieuropeisti.

Noi non siamo d’accordo con chi scarica la sua insoddisfazione sull’Europa (pur consci che qualche responsabilità quest’ultima ce l’ha), perché sono certa che pochi italiani di buon senso la scambierebbero con altri modelli, vigenti in altre aree del mondo. L’obiettivo del prossimo Parlamento europeo per noi è chiaro: crescita inclusiva e sostenibile, occupazione e benessere per i cittadini. Servono una visione ambiziosa e coraggiosa, proposte forti, volte a rilanciare il processo di integrazione, oggi messo a repentaglio dal deteriorarsi del clima politico, che ha inevitabilmente intaccato anche quello sociale ed economico.

Ai nostri rappresentanti nel prossimo parlamento Europeo chiediamo questo. L’Europa non va smontata, ma va riformata da dentro, perché possa scaricare a terra tutto il proprio potenziale, che sappiamo essere immenso. Occorre aprire una nuova stagione di riforme, che restituisca la speranza ai cittadini europei. Proprio per questo motivo, Confindustria Udine ha voluto lanciare anche un segnale simbolico: la facciata della nostra sede espone tre bandiere: friulana, italiana ed europea. E porta un messaggio per noi vitale: meno individualismo e più Europa, senza tralasciare chi siamo e da dove veniamo.

Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine