Teatro: Sidoti e battiston in “Genteinattesa”

sidoti battistonSono personaggi appesi al miraggio di un cambio vita a cui sono incapaci di dare forma, la Genteinattesa  di Giuseppe Battiston e Piero Sidoti, amici nella vita e compagni di scena complici in un gioco sottile di biografie ‘inattese’. Venerdì20 marzo ore 21 al Palamostre di Udine per Teatro Contatto una serata di cinismo e canzoni, amicizia e arte, sulle infinite chance perdute della vita.

Una serata per parlare di gente in attesa. Di un’umanità che aspetta la propria occasione di vita, perché dimenticata dalla vita. Questo è il mondo in cui si muovono le figure di cui parlano le canzoni di Piero Sidoti, cantautore di cui Udine può andare fiera. Poco importa che si tratti di eterni studenti o di fate o di orchi: sono personaggi ai margini che aspettano l’occasione di riscatto da un’esistenza opaca, da una società che non ha ne da fiducia alle giovani generazioni e riempie il nostro quotidiano di regole incomprensibili ed aride finalizzate soltanto alla passiva omologazione. Un mondo che non è più in attesa di niente. E per questo che quei personaggi sono e diventano anche “inattesi”.

In formazione intima accanto a Sidoti — alla sua chitarra e alla sua voce — ci sarà, per una serata del tutto speciale, Giuseppe Battiston, straordinario e notissimo attore, ma anche amico di tutta una vita. Giocavano insieme da ragazzi e ancora continuano a giocare con passione, sul palcoscenico, incrociando musica e teatro.Genteinattesa è anche il titolo di un disco, prodotto da Fuorivia su etichetta Odd Times Records e arrangiamenti di Antonio Marangolo, vincitore della Targa Tenco 2010 come miglior opera prima.

In un universo di figure cantate, immaginarie o reali, Battiston si muove come un personaggio reale ai limiti dell’immaginario: è il Professore, personaggio sempre mosso dal desiderio di apparire e dispensare a piene mani la sua disincantata visione del mondo.  Non ha più alcuna aspettativa e ne va fiero, e la sua lezione di vita è una filosofia del nulla che ha nell’elogio della superficialità la sua punta più alta.