MAKE ROOM: lunedì 27 Aprile ore 21.45 al Far East Film. Ospite l’attrice Kuribayashi Riri

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I film che portano gli spettatori dentro l’industria del porno giapponese esistono da decenni. Nel 1991, in Skinless Night Mochizuki Rokuro ha raccontato una storia semiautobiografica sul tentativo di un regista di film porno di uscire da quel mondo. Lo scorso anno, l’ex regista di pink (porno soft) Hiroki Ryuichi ha realizzato una sezione del film Kabukicho Love Hotel sulle riprese di un porno, facendo riferimento alle proprie esperienze personali.

Il regista di AV (“Adult Video” o porno hardcore) Morikawa Kei ha adottato quello che dev’essere l’approccio finora più inconsueto all’argomento nel film Make Room, che ha vinto il Grand Prix della Fantastic Off-Theater Competition allo Yubari International Fantastic Film Festival di quest’anno. Il film si svolge dall’inizio alla fine in una stanza dove cinque attrici si truccano prima di girare l’ennesima epopea a luci rosse.

Non esiste nel film una sola scena di ammucchiate sotto le lenzuola o su un futon. Invece, la storia si incentra sulla vita e sulle personalità delle attrici nel momento presente, con il regista e i tecnici maschi che fanno da comprimari. Il pilastro, solido come il granito, del film è rappresentato dalla truccatrice Kyoko (Morita Aki), che simpatizza con i problemi delle ragazze che le vengono affidate ma allo stesso tempo è concentratissima a spedirle fuori dalla stanza per tempo e ben truccate, almeno finché la macchina da presa è in funzione.

Le sue prime due ragazze, Sugar (Sumiyoshi Mariko) e Saki (Kanami Osako) arrivano in orario, ma la star, Masami (Ito Beni), è sparita. Motivo: il suo ragazzo ha scoperto che lavoro fa. Naturalmente il regista (Sakai Kentaro), già stressato, entra nel panico, ma fortunatamente arrivano altre due attrici: Masako (Kawakami Nanami), una volubile veterana dell’ambiente rientrata in pista dopo una temporanea assenza, e la nervosa novellina Matsuko (Kuribayashi Riri), al suo debutto come attrice porno. Alla fine Masami fa la sua comparsa, e prontamente cade addormentata perché ha dormito troppo poco. Si riuscirà mai ad avviare le riprese?

KURIBAYASHI Riri 3

KURIBAYASHI Riri 2

KURIBAYASHI Riri

Make Room è nato come rappresentazione teatrale scritta da Morikawa, e richiede che le interpreti recitino davvero, cosa che fanno con sorprendente facilità, visto che le competenze interpretative richieste nei film porno sono davvero ridotte all’osso. Tuttavia, chi risalta maggiormente è un’attrice che non appartiene al mondo del porno a luci rosse, Morita Aki: la sua make-up artist è una specie di santa laica. È facile immaginare che senza la sua mano ferma e la sua presenza rasserenante le riprese del film porno si trasformerebbero rapidamente in caos. Allo stesso tempo Make Room non ha assolutamente l’atmosfera e l’aspetto selvatico e squallido dei film porno stereotipati. Certo, le cinque attrici non stanno esattamente recitando in Piccole donne, ma non sono nemmeno delle oppresse lavoratrici del sesso. Sembra invece che apprezzino il proprio lavoro a vari livelli, e la novellina, che è sopravvissuta al battesimo del fuoco (o piuttosto del letto) è la più entusiasta di tutte.

Qualunque cosa la società pensi di loro, dentro la bolla dell’industria dei film a luci rosse e in particolare di questo film, queste donne sono la ragione per cui tutti gli altri ricevono lo stipendio – e di conseguenza vanno rispettate. Per loro è meglio questo di molte delle alternative possibili nel mondo reale, compreso quel genere di lavoro sessuale non cinematografico che rappresenta una normale transizione dal mondo del porno.

Inoltre, qualunque tipo di vergogna che una generazione più vecchia può aver fatto ricadere su quello che loro fanno per vivere non le riguarda. Anche se non vogliono rendere nota la loro professione a fidanzati, genitori ed ex compagni di scuola, è una scelta che hanno fatto loro – e non sono certo delle vittime. Questo film può essere criticato per aver ammorbidito o omesso il lato più cupo dell’industria del porno, ma mostra anche, con ironia e introspezione, l’aspetto umano di chi ci lavora, qualcosa che i profani raramente vedono. In effetti, con alcuni aggiustamenti potrebbe riguardare le riprese di molti film indipendenti, con le loro tabelle di marcia strettissime e il loro stato di crisi semipermanente. Come Benjamin Franklin scrisse una volta in un contesto erotico diverso, “al buio tutti i gatti sono bigi”. E la gente di cinema è gente di cinema, con o senza trucco.
Mark Schilling
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