Ambiente/Salute: studio Fvg, no grandi criticità nel Monfalconese

Monfalcone, 7 giu – Una ricognizione organica e su basi
strettamente scientifiche sullo stato dell’ambiente nel
Monfalconese e la correlazione tra ambiente e salute è stata al
centro di un’intera giornata di studi aperta alla cittadinanza
organizzata all’auditorium dell’ospedale San Polo da Arpa Fvg,
l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, in
collaborazione con le direzioni regionali Ambiente e Salute.

Nell’arco di tre sessioni di lavoro, alla presenza di esperti di
importanti istituzioni nazionali (ministero della Salute,
ministero dell’Ambiente, Iss, Ispra, Snpa, Cnr), sono stati
toccati in un approccio ora integrato temi che erano stati
oggetto di numerosi studi.

Dalle ricerche emerge un quadro dettagliato dello stato
dell’ambiente del Monfalconese, sostanzialmente privo di gravi
criticità, che evidenzia, grazie soprattutto agli ultimi studi,
l’utilità di indagini di maggior dettaglio su alcuni
microinquinanti tipici delle aree industriali, in particolare su
alcuni metalli, attualmente non normati ma di cui è utile
conoscere l’entità, l’origine e gli effetti sulla salute.

Una recente campagna di misura a cura di Arpa, sebbene limitata
nel tempo, ha infatti indicato una ciclicità settimanale nella
concentrazione di metalli presenti nelle polveri che si riducono
sensibilmente nel fine settimana. La presenza di queste sostanze
è pertanto associabile alle lavorazioni dei metalli che si
riducono o si interrompono nei week end.

Per quanto riguarda la presenza della centrale A2A, è stato
illustrato lo studio affidato al Cnr a seguito del rinnovo
dell’Aia, disposto nel 2014, studio che ha avuto luogo nel
periodo 2014-16. Le ricercatrici Cinzia Perrino, Silvia Canepari
e Silvia Mosca hanno spiegato che l’impianto termoelettrico ha
un’influenza molto ridotta sulle concentrazioni del particolato
atmosferico. Nelle sette stazioni di misura utilizzate e nelle
quattro campagne di misura non è stato osservato, infatti, un
contributo sulle polveri dovuto ad una sorgente dominante, anche
se sono state individuate alcune sorgenti, fra cui il traffico
veicolare, il riscaldamento domestico ed alcune attività
industriali.

Ad analoghi risultati è pervenuto un altro studio di Arpa su
metalli e metalloidi (normati e non normati) presenti nelle
polveri sottili (Pm 10) nell’area monfalconese, che ha
evidenziato come tutti i valori indagati siano inferiori ai
limiti di legge o ai valori obiettivo dell’Organizzazione
mondiale della sanità. A Monfalcone, in due stazioni di
monitoraggio gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) non
rappresentano una criticità, mentre i costituenti indagati nel
Pm10 non sono riconducibili al profilo delle emissioni della
centrale termoelettrica, bensì ad attività metallurgica dell’area
industriale.

Altre risultanze sono emerse da due studi dell’Osservatorio
ambiente salute della Regione. Il primo, già presentato l’anno
scorso, indagava una possibile correlazione tra l’esposizione
residenziale all’inquinamento atmosferico (tra il 1995 e il 2009)
e le patologie tumorali e ha indicato l’assenza di eccessi di
rischio di tumore per gli uomini, rilevando l’eccesso di rischio
di tumore della vescica nelle donne pari a 2 casi/anno (circa 30
casi in eccesso in 15 anni). Lo studio ha consentito di formulare
l’ipotesi che sia il traffico veicolare ad avere un ruolo
preminente nell’inquinamento ambientale e quindi nell’eccesso di
tumori evidenziato nelle donne del Monfalconese.

Il secondo studio, presentato oggi, coordinato dal professor
Fabio Barbone, direttore scientifico dell’Irccs Burlo Garofolo di
Trieste, indica nel Monfalconese un’incidenza di infarto del
miocardio più alta (10% negli uomini e 30% nelle donne) rispetto
alla popolazione di riferimento rappresentata dagli abitanti
delle province di Pordenone, Udine e del resto della popolazione
della provincia di Gorizia. L’aumento di rischio di infarto acuto
del miocardio non appare tuttavia direttamente ascrivibile a
determinanti ambientali, ragion per cui la ricerca evidenzia come
sia necessario approfondire quali siano i fattori confondenti che
entrano in gioco, oltre allo stile di vita, che probabilmente
agiscono come cofattori.

Lo studio evidenzia, infine, nelle donne, in particolare in
quelle con età superiore ai 65 anni, un rischio aumentato di
infarto miocardico acuto in presenza di una esposizione a
concentrazioni di polveri sottili (Pm10) superiore a 50
microgrammi/metro cubo avvenuta dai 2 ai 5 giorni prima. In
pratica, gli infarti avvengono con più probabilità nei giorni
successivi a picchi di inquinamento atmosferico. Tale evidenza è
in linea con quanto già noto e presente in svariati studi
internazionali. La letteratura scientifica, infatti, per
situazioni analoghe a quelle del Monfalconese indica che circa il
5 per cento degli infarti totali del miocardio è da attribuire ad
aumenti di concentrazione del Pm10.

I lavori della giornata di studi, aperti dal direttore generale
di Arpa Fvg, Luca Marchesi, hanno visto gli interventi
introduttivi degli assessori regionali alla Salute, Maria Sandra
Telesca, e all’Ambiente, Sara Vito.
ARC/PPH/fc

Powered by WPeMatico