Aquileia: Scavi area anfiteatro romano

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Si conclude anche quest’anno la campagna di scavo dell’Università di Verona nell’area Brunner dove sono stati riportati alla luce importanti resti dell’anfiteatro romano di Aquileia.
Il giorno 22 giugno, alle ore 17, il cantiere di scavo sarà aperto alla cittadinanza e ai visitatori tutti nell’ambito di un’iniziativa promossa dal Comune di Aquileia e dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
Tra il 12 e il 23 giugno 2017 un’équipe dell’Università di Verona – Dipartimento Culture e Civiltà, sotto la direzione di Patrizia Basso, ha portato a termine la terza campagna di scavo nell’area dell’anfiteatro romano di Aquileia, con rilevanti novità scientifiche per la comprensione dell’anfiteatro, tali da integrare la conoscenza che se ne aveva per tutta una serie di aspetti planimetrici, costruttivi e decorativi.
In particolare quest’anno, attraverso una serie di ampliamenti e approfondimenti mirati delle aree già scavate nel corso degli anni 2015-2016, si è messa in luce un’intera porzione dell’ellisse dell’anfiteatro, compresa fra due dei corridoi radiali che permettevano l’ingresso all’arena, a partire dalla pavimentazione esterna: la modularità della costruzione e il confronto con i dati raccolti nel corso delle indagini otto e novecentesche hanno permesso così di ricostruire l’intera pianta del monumento.
L’intervento è stato condotto su concessione di scavo ministeriale, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, nel terreno demaniale ubicato presso palazzo Brunner in via Roma. Ai lavori hanno partecipato studenti della Laurea Magistrale in Quaternario Preistoria e Archeologia delle Università di Ferrara, Verona, Trento e Modena, nonché studenti, dottorandi e dottori di ricerca dell’Università di Verona, Bologna e Ghent (Belgio), con il supporto logistico della ditta SAP e in particolare del dott. Alberto Manicardi.

L’anfiteatro romano di Aquileia era stato oggetto nel tempo di diverse indagini archeologiche, a partire da alcuni sondaggi occasionali fra 1700 e inizi 1800 (ing. G. Moschettini) fino a più rigorosi, ma sempre parziali scavi realizzati fra fine Ottocento e inizi Novecento a opera di Enrico Maionica o condotti nel 1934-35 e nel 1946-47 da Giovanni Brusin. Grazie a tali interventi del monumento si conoscevano le dimensioni complessive (circa m 142 sull’asse maggiore e m 107 sul minore) e l’ubicazione nel quadro della città romana, ma rimanevano ancora da chiarire numerosi aspetti architettonico-strutturali e l’inquadramento cronologico.

Al fine delle nuove indagini avviate dall’Università di Verona nel 2015 particolarmente interessante risultava l’area demaniale di palazzo Brunner, sia perché in passato non era mai stata oggetto di scavi sia perché sulla scorta della documentazione precedente si capiva che vi si poteva documentare un’intera sezione dell’anfiteatro, dalla facciata esterna ove il pubblico entrava, fino all’arena ove si svolgevano gli spettacoli dei gladiatori e le cacce agli animali.
L’edificio era interamente costruito su un sistema di murature autoportanti a sostegno delle gradinate, impostate su una poderosa massicciata di fondazione. Due gallerie ellittiche sottopassanti le gradinate permettevano lo smistamento del pubblico, che doveva prendere posto sui sedili assegnati tramite una serie di scale ricavate fra i muri radiali. Altri corridoi sottopassavano la cavea permettendo un collegamento diretto fra la piazza esterna alla costruzione e il muro del podio che sorreggeva le gradinate più basse. Ai piedi della cavea si apriva una canaletta in mattoni sesquipedali in ottimo stato di conservazione, per quanto coperta dall’acqua di falda attualmente più alta rispetto all’età romana, oltre la quale si innalzava un muro che correva tutto attorno all’arena al fine di proteggere gli spettatori dagli animali che nello spazio agonale si scontravano con i gladiatori. Di questo muro si sono rinvenuti in crollo alcuni degli elementi architettonici che lo decoravano.

Di particolare interesse anche ai fini di un’eventuale, futura valorizzazione risultano alcune murature dell’edificio che si conservano in alzato per m 1.70 in altezza: si tratta del muro ellittico interno e di alcuni dei muri radiali disposti su due raggiere concentriche a sostegno delle gradinate per il pubblico.
L’edificio dovette terminare il suo uso primario per spettacoli attorno al IV sec. d.C., come sembrano attestare alcune monete e materiali raccolti, ma conobbe presto una nuova frequentazione: i muri radiali ancora almeno in parte in alzato vennero infatti usati fra V e VII secolo per realizzare modeste strutture abitative di cui gli scavi hanno evidenziato piani d’uso e focolari, mentre l’area dell’antica arena venne ridotta a spazio rurale. In seguito le murature antiche furono soggette a tutta una serie di spoliazioni che si protrassero nei secoli almeno fino al 1700, confermate in particolare dal rinvenimento di una larga calcara ove le pietre dell’edificio vennero trasformate in calce. Tuttavia, per quanto riguarda la puntuale definizione cronologica delle varie fasi di frequentazione del sito, come per quelle di costruzione e uso del monumento, si resta in attesa dello studio dei materiali raccolti e delle analisi al C14 e archeometriche, tuttora in corso di realizzazione.