Caso Sallusti: l’articolo 21 è ancora in vigore?

« Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. » (Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 21)

AGI) – Roma, 26 set. – Condanna definitiva a 14 mesi di reclusione per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti.
Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione. Per il giornalista, dunque, si aprono ora le porte del carcere: la Suprema Corte ha rigettato il suo ricorso, condannandolo anche a pagare le spese processuali e a rifondere quelle sostenute dalla parte civile in questa fase di giudizio, per complessivi 4.500 euro. I supremi giudici hanno invece disposto un nuovo processo davanti alla Corte d’Appello di Milano per il cronista Andrea Monticone. Al centro del processo gli articoli, ritenuti diffamatori nei confronti del giudice tutelare di Torino Giuseppe Cocilovo, pubblicati sul quotidiano Libero nel 2007 e riguardanti il caso di un aborto di una ragazza tredicenne.
L’accusa per Sallusti era quella di diffamazione aggravata in relazione ad un corsivo, firmato con lo pseudonimo ‘Dreyfus’.

I giudici della quinta sezione penale di piazza Cavour, presieduti da Aldo Grassi, hanno dunque confermato la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano nei confronti di Sallusti il 17 giugno 2011: 14 mesi di reclusione, senza condizionale. In primo grado il direttore del Giornale era stato invece condannato a 5mila euro di multa. Il collegio della Suprema Corte non ha evidentemente condiviso le conclusioni esposte oggi, nella sua requisitoria, dal pg Gioacchino Izzo: quest’ultimo, infatti, pur ritenendo Sallusti responsabile del reato contestatogli, aveva sollecitato un nuovo processo d’appello per valutare la concessione delle attenuanti generiche. Questo avrebbe portato a uno sconto di pena per il giornalista e anche, probabilmente, ad evitargli il carcere.

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