Coronavirus: FVG, 3270 fra acconciatori ed estetiste chiedono aiuto ai parlamentari

Una lettera a tutti i parlamentari del Friuli Venezia Giulia, affinché si facciano portavoce delle istanze di parrucchieri ed estetiste presso il Governo e si cambi il calendario di riavvio delle attività, ora previsto per il 1° giugno.

È l’azione con cui Confartigianato Fvg ha deciso di supportare la petizione che, promossa lunedì 27 aprile, in poche ore ha raggiunto quasi 4mila adesioni al fine di far rivedere il calendario per la Fase 2 previsto dal Governo nazionale, che sposta la riapertura delle attività artigiane dedicate ad acconciatura ed estetica agli inizi di giugno.

«Una vera e propria mazzata per il settore, costretto ad abbassare le serrande l’11 marzo scorso e con la prospettiva di ancora un lungo fermo, nonostante l’alto grado di sicurezza e igiene con cui già normalmente operano queste realtà», afferma il presidente regionale di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti.

A rivolgersi direttamente ai parlamentari Fvg perché diano loro la possibilità di vivere sono le 3.270 imprese artigiane – tra acconciatori ed estetiste – attive in Friuli Venezia Giulia, cui afferiscono 5.897 addetti, dei quali 2.413 dipendenti, secondo le elaborazioni dell’Ufficio Studi di Confartigianato-Imprese Udine su dati Unioncamere-Infocamere.

Nello specifico, sono 1.984 le aziende di acconciatori, 426 quelle che si occupano di manicure, 146 quelle dedite ai massaggi abbronzatura, 134 le imprese di tatuaggi e piercing, 580 gli istituti di bellezza. Tra parrucchiere e barbieri, sono 223 le imprese artigiane attive a Gorizia; 519 a Pordenone; 308 a Trieste; 934 a Udine. Complessivamente occupano 3.998 addetti, dei quali 1.805 dipendenti.

Gli imprenditori artigiani nella lettera si dicono «stupiti» della decisione del Governo, perché «evidentemente non è stato preso con il dovuto peso e l’adeguata considerazione» il fatto di «essersi messi a disposizione per individuare modalità per lo svolgimento delle attività in assoluta sicurezza». Forse, aggiungono con amarezza, «non è stato tenuto in considerazione che il lockdown ha consentito a centinaia di operatori abusivi e irregolari di girare di casa in casa, aggravando una piaga già preoccupante».

Al 1° giugno, incalzano, «cosa potrebbe essere fatto di più rispetto ad oggi in termini di sicurezza? E si può star fermi, con costi continui e ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile e maggio?».

C’è il rischio che «la rabbia diventi reazione disordinata», concludono gli imprenditori artigiani nella missiva ai parlamentari, «non arginabile se non attraverso l’impegno serio del mondo politico rispetto alla situazione».