Giornate FAI. Cosa vedere a Palmanova il 19 e il 20 marzo

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Giornate FAI Palmanova
Cosa visitare il 19 e 20 marzo

PALAZZO DEI PROVVEDITORI GENERALI
Il Palazzo dei Provveditori Generali, oggi municipio, sorge nel punto in cui l’asse di borgo Aquileia si innesta nella piazza Grande e si impone sugli altri edifici per la sua mole massiccia e severa. Fu costruito nel 1598, a soli cinque anni dalla fondazione della città stellata, come residenza del tesoriere; il provveditore che inizialmente abitava nella villa di Ronchis, vi si trasferì solo nel 1599, rimanendovi fino al 1797.
A parte l’apertura sulla facciata principale delle porte al posto delle finestre, avvenuta agli inizi del Novecento, l’edificio è giunto fino a noi sostanzialmente invariato nelle sue linee strutturali; a pianta rettangolare si sviluppa su tre piani e presenta l’affaccio principale su piazza Grande con un portale di pietra a sesto ribassato, che riporta nella chiave di volta l’anno di costruzione e il nome di Marc’Antonio Memmo, il provveditore che lo fece costruire. Sia la facciata principale che quella che dà su borgo Aquileia presentano un balcone arcuato in pietra d’Istria di impronta chiaramente veneziana. Una lapide in pietra d’Istria, sulla facciata principale dell’edificio, ne illustra l’evoluzione: l’iscrizione sormontata dallo stemma di Zuane Pasqualigo, con due scudi in cartiglio, ricorda l’ampliamento del fabbricato, voluto da questo provveditore nel 1611. Pasqualigo, ritenendo insufficienti gli spazi, decise infatti di aggiungere una nuova ala in cui vennero ricavati a piano terra i vani per gli alabardieri, la scorta d’onore del provveditore, e al primo piano una grande sala che si affacciava sulla piazza Maggiore, destinata a contenere le armi pubbliche: un’ostentazione di forza della Serenissima, ma anche una rassicurazione in caso di rivolte popolari. Pasqualigo portò poi a piano terra la Cancelleria, prima situata in una stanza all’ultimo piano, aggiungendo un vano per l’archivio. La scritta “Cancelarìa” su un blocco di pietra squadrata, inserita sul lato che affaccia su borgo Aquileia e ritrovata durante il recente restauro, indica il luogo in cui il provveditore, assistito dal cancelliere, amministrava la giustizia. Sul lato dell’edificio che dà su borgo Aquileia un’iscrizione del 1626, sottostante ad uno stemma della famiglia Foscari, ricorda l’operato del provveditore Giovanni Nani al termine del suo mandato; a destra, in un epigrafe datata 1645, gli abitanti della fortezza celebrano il provveditore Gerolamo Civran morto a Palma.
Sul retro del palazzo e dell’annessa loggia della Gran Guardia, in un’area delimitata da un alto muro che occupava tutto l’isolato, si trovavano una grande stalla ed un vasto giardino dotato di pozzo, che è stato ricostruito in mattoni e coronato con elementi di pietra.
Nel piano interrato era posta la cantina in cui veniva attinta l’acqua da un profondo pozzo con apertura sul muro laterale; ora chiuso da una lastra di vetro, è visibile al pianterreno nei locali dei vigili urbani. Durante i recenti lavori di ristrutturazione è stata rinvenuta una piccola scala in mattoni con copertura ad arco, che dalla cantina portava al piano terra, dove oggi si trova il cavedio (anticamente all’aperto), usata per andare ad attingere acqua dal pozzo. Il vano circolare di questa scala è stato lasciato a vista; un’altra scala a chiocciola che partiva dalla cantina permetteva alla servitù di accedere ai piani superiori.
Al piano terra c’erano la cucina e la lisciaia e un pozzo non molto profondo, posto vicino al muro dell’edificio che confina con la Loggia della Gran Guardia, ora ricoperto da un cristallo a livello del pavimento.
Al piano nobile si trovavano gli appartamenti del provveditore e una camera per le udienze, cioè un grande salone di rappresentanza. Una scala di pietra, posta a fianco del salone, collegava i piani, l’ultimo dei quali ospitava gli alloggi per la servitù, che vi accedeva tramite la piccola scala già ricordata.
La cappella generalizia, situata inizialmente al secondo piano, ove si cominciò a celebrare messa dal 1605, nel 1662 fu spostata nell’ala aggiunta nel 1611, all’estremità del primo piano, vicino alla loggia.
Di fianco al palazzo era stato costruito, vicino alle stanze degli alabardieri, un fortino oggi non più esistente: era un locale a prova di scasso e di incendi in cui venivano conservati documenti e oggetti di valore e, in caso di pericolo, poteva servire anche come luogo di rifugio.
Il palazzo costituiva il luogo-simbolo del potere veneziano in fortezza; i provveditori, esponenti del patriziato, nominati dal doge su indicazione del Senato, giungevano a Palma con l’incarico di esercitare il potere politico-amministrativo, militare e giudiziario; inizialmente erano responsabili solo della città e delle tre vicine ville di Palmada, Ronchis e San Lorenzo, in seguito estesero il loro potere su un’area più vasta. All’interno del palazzo si sviluppò anche un certa vita mondana e culturale; abituati alla vivacità del modo di vivere veneziano, i provveditori organizzavano feste, rappresentazioni teatrali, banchetti, giostre per allietare il soggiorno dei numerosi ospiti italiani e stranieri. Ambasciatori, viaggiatori, filosofi, prelati, nobili, principi giungevano numerosi, attratti dalla fama della piazzaforte e i provveditori, con lo scopo di rinforzare in loro l’immagine di una fortezza inviolabile e di una città “perfetta”, largheggiavano nelle spese di rappresentanza; occasioni mondane che rimasero strettamente confinate all’interno dell’edificio generalizio, senza nulla giungesse alla popolazione cittadina esclusa dalla vita di palazzo.
Il restauro (1989-1995) ha cercato di recuperare, compatibilmente con il moderno uso dell’edificio, l’aspetto originario, dandone però un’interpretazione moderna, vista anche la scarsità di documentazione dell’aspetto che presentavano un tempo gli spazi interni. In particolare la storia della città è stata raffigurata nei tre grandi saloni ripetuti per tre piani.

LOGGIA DELLA GRAN GUARDIA

Il provveditore generale di Palma, Alvise Priuli I, tra il 1599 e il 1601, fece costruire in Piazza Grande, a ridosso del palazzo generalizio, la Loggia della Gran Guardia destinata ad ospitare l’artiglieria e il corpo di guardia. La Loggia, che sostituiva un precedente fortino, divenne la sede del tamburo maggiore, l’ufficiale incaricato di leggere i proclami generalizi al suono del tamburo, della scorta personale del provveditore, dodici alabardieri al comando di un capitano, e dei cappelletti, un corpo scelto di polizia a cavallo composto perlopiù da croati che avevano il compito di vigilare sulle fughe dei soldati dalla fortezza, di sorvegliare i confini, di catturare banditi e spie, di scortare gli ufficiali, di recapitare dispacci segreti e denaro.
Il fabbricato, a pianta rettangolare, si sviluppa su due piani: il piano terra è costituito da un loggiato a sette arcate a tutto sesto con pilastri poggianti su dadi, da cui si accede ai vani sul retro; all’interno della loggia, vennero aggiunte nel XIX/XX secolo sei colonne in ghisa, opera della fonderia Broili. Una cornice marcapiano divide il pian terreno dal primo piano, che presenta in corrispondenza delle arcate sottostanti sette finestre (originariamente erano solo quattro) separate da lesene. Sul tetto in coppi svettano tre camini in stile veneziano.
Per l’apertura delle tre finestre al primo piano, due lapidi, che si trovavano in facciata, furono trasferite nei primi anni del XX secolo all’interno della loggia: una dedicata dai cittadini di Palma a Giulio Giustinian, provveditore in fortezza tra il 1626 e il 1628, definito “pio padre, perpetuo protettore di Palma”, l’altra esaltante le virtù e il buon governo di Francesco Morosini, provveditore dal 1618 al 1621.
Accanto alla Loggia della Gran Guardia fu costruita nel 1616/17, per volontà del provveditore Antonio Grimani, la Loggia dei Mercanti, utilizzata come mercato coperto fin dalle origini e agli inizi del Novecento e anche come teatro nella prima metà del XIX secolo.
L‘edificio, a pianta rettangolare, presenta sul lato della Piazza Grande tre grandi arcate e due sul lato di Contrada Savorgnan, dove sono stati sistemati due cancelli a doppio battente e due mezzelune in ferro battuto del XVII secolo, opera di bottega napoletana, che con le porte in larice borchiato costituivano la chiusura delle Porte d’accesso alla città. Un terzo cancello è stato collocato all’interno della Loggia.
Nel 1924, su disegno dell’architetto Zanini, fu sopraelevata la parte terminale che comprende due portefinestre con balaustre da entrambe i lati dell’edificio, in corrispondenza di altrettante arcate sottostanti. Qui aveva la sua sede la Scuola d’Arte applicata all’Industria “Vincenzo Scamozzi”. A piano terra, l’ampio salone interno è stata trasformata in monumento ai Caduti e contiene epigrafi di epoca veneta e risorgimentale, lapidi commemorative e una scultura dedicata ai caduti della seconda guerra mondiale.

PIRAMIDE DELLA VERGINITÀ
Sull’angolo a sinistra del Palazzo dei Provveditori si erge un obelisco in marmo di forma piramidale, alto più di sette metri, che poggia su un piedistallo e due gradini. Fu fatto erigere nel 1654 dal provveditore Alvise Priuli II per celebrare la verginità di Palmanova, fortezza mai violata dal nemico, da cui il nome dell’obelisco.
Il manufatto presenta tre lati ed è diviso in cinque sezioni; nella seconda sezione, partendo dal basso, sono poste due iscrizioni, una inneggiante al provveditore Alvise Priuli, uomo religioso, clemente, pietoso e giusto, “nato per la porpora e per il comando”, l’altra celebrativa della fortezza inviolata. Nella quarta sezione si trovano gli stemmi della famiglia Priuli, uguali su due lati. In origine la sommità della piramide terminava con un globo di rame dorato sormontato da una croce.
Circa la sua ubicazione si ipotizza che, essendo uno dei tre lati privo di iscrizioni, l’obelisco fosse stato realizzato per collocarlo a ridosso di un edificio e destinato quindi ad avere solo due lati rivolti verso il pubblico. Originariamente pare si trovasse di fronte al duomo dogale; certamente agli inizi del XX secolo si ergeva, come documentato da una fotografia, davanti al Monumento ai Caduti, accanto alla torre dell’orologio, ora distrutta, che il provveditore Mocenigo aveva fatto costruire nel 1599.

MONTE DI PIETÀ
L’edificio del Monte di pietà sorge all’angolo di borgo Aquileia con Piazza Grande, di fronte al palazzo del provveditore, in stretto collegamento con la sede della massima autorità in fortezza. Auspicato dal provveditore Gerolamo Foscarini, fu realizzato dal suo successore Alvise Molin nel 1666, adattando un fabbricato già esistente e appartenente alla Confraternita del Santissimo Sacramento. Il Monte, istituito per contrastare l’attività feneratizia degli ebrei accusati di chiedere tassi di interesse troppo esosi sui prestiti su pegno, esercitò il credito a interessi bassi e secondo regole precise.
Sulla facciata dell’edificio rivolta verso la piazza, sopra l’arco dell’ingresso, si trova una lapide, ormai purtroppo pressoché illeggibile, nella quale i palmarini ricordano con affetto i molti meriti del provveditore Molin, fra cui l’istituzione del Monte di pietà e la cacciata dei prestatori ebrei dalla città, costretti ad abbandonare la fortezza nel 1664 e a rifugiarsi nel vicino villaggio arciducale di Ialmicco, dove ripresero la loro attività di feneratori.
Il Monte di pietà, caratterizzato da un’austera dignità formale, è uno degli edifici più rappresentativi e più curati tra quelli coevi di Palmanova. Era prassi infatti che i fabbricati dei Monti comunicassero sicurezza e solidità perché solo così i cittadini avrebbero affidato di buon grado i loro beni al Monte, nella convinzione che fossero ben protetti e custoditi da un’istituzione solida, sicura e ben governata.
L’edificio, a pianta quadrata, si sviluppa su tre livelli. Il piano terra è ornato da elementi lapidei che riquadrano anche finestre e porte, due ingressi ad arco si aprono uno su borgo Aquileia e l’altro sulla piazza, probabilmente in origine era presente un portico. Una fascia marcapiano, che divide il piano terra dal primo piano, impreziosisce le facciate dell’edificio. Le finestre disposte simmetricamente sono più ampie al primo piano, il piano nobile, e sono più piccole al secondo, com’era d’uso nei palazzi dell’epoca.
All’insegna del Monte, presenza indispensabile in tutti gli edifici di questo tipo, si provvide solo nel 1683 ponendo sull’angolo del palazzo una scultura in pietra della Pietà, opera di un lapicida locale: la Madonna con il capo velato sostiene sulle ginocchia il corpo esanime di Gesù, le due figure sono poste sotto un baldacchino di rame dorato e poggiano su un masso sovrapposto a un cilindro di pietra bianca.
Nel 1702, per volontà del provveditore Nicolò Dolfin, alle due estremità dell’edificio, vennero aperti due portali architravati ornati dagli stemmi gentilizi della famiglia Dolfin e da due lapidi dedicatorie; questi ingressi erano utilizzati da chi frequentava il Monte, uno per l’entrata e uno per l’uscita, per evitare incontri spiacevoli.
Nel 1814, durante l’assedio austriaco della fortezza, il palazzo fu colpito da una bomba e venne distrutto per circa due terzi da un incendio. Fu poi ricostruito nel 1829 nel totale rispetto delle forme iniziali; subì inoltre danni nel 1917, durante la prima guerra mondiale.
L’interno attuale dell’edificio non ricorda più l’originaria divisione degli spazi che era funzionale alle molteplici operazioni che vi si svolgevano. Dai documenti risulta che nelle stanze ai piani superiori venivano custoditi i pegni; ogni massaro, l’addetto all’erogazione e alla riscossione del denaro, usufruiva di una propria stanza in cui conservava i pegni da lui ritirati. Al piano terra si trovavano i locali dove si effettuavano i prestiti e c’erano pure una bottega e un magazzino del custode.
In origine quasi certamente due stemmi, che ora si trovano nell’atrio d’ingresso dell’edificio, erano posti in facciata; furono collocati all’interno solo dopo la ricostruzione ottocentesca.
Entrando, sopra l’arco di una porta, è visibile lo stemma del fondatore del Monte, il provveditore Alvise Molin. È composto da un cartiglio con foglie d’acanto ai lati, sopra e sotto lo scudo sono scolpiti due fiori a cinque petali. Lo scudo raffigura due aquile bicipiti incoronate, ad ali aperte e due mole.
Sempre nell’atrio, nella parte retrostante della porta ad arco, si trova lo stemma del provveditore Leonardo Donato sotto la cui reggenza fu posta la statua della Pietà all’angolo del palazzo. È formato da un cartiglio con volute a foglie d’acanto in altorilievo e presenta sulla sommità una corona di conte; all’interno lo scudo raffigura tre rose sovrapposte a due fasce orizzontali.
Essendo venuti meno gli scopi dell’istituzione per il miglioramento delle condizioni economiche della popolazione, il Monte di pietà di