Il film d’esordio del goriziano Matteo Oletto alla Mostra del Cinema di Venezia

70ª Mostra del Cinema di Venezia: Zoran – Il mio nipote scemo, opera prima di Matteo Oletto interpretata da un formidabile Giuseppe Battiston, sarà l’unico film italiano in concorso alla 28ª Settimana Internazionale della Critica.

La notizia è stata comunicata oggiAggiungi un appuntamento per oggi – lunedì 22 luglio – a Roma, durante la presentazione della S.I.C., e Zoran dovrà misurarsi sul grande schermo del Lido con altri 7 titoli selezionati fra circa 400 esordi provenienti da tutto il mondo.

Oleotto, che proviene dalla piccola Gorizia, ha radunato attorno al cuore del progetto un dream team artistico e tecnico perfettamente in equilibrio tra Slovenia e Friuli. Esattamente come il film. Dagli attori alle maestranze, dal produttore Igor Prin?i? (Transmedia) alla coproduzione slovena (Staragara), dallo stesso Giuseppe Battiston all’irresistibile Zoran del giovanissimo Rok Prašnikar, fino alla casa di distribuzione (la friulana Tucker Film).

Chi è, dunque, Zoran? Prima di rispondere a questa ovvia domanda, è necessario formularne subito un’altra: chi è Paolo Bressan? O meglio: cos’è? Sì, perché Paolo Bressan fa di tutto per tenere minuziosamente nascosta, a se stesso e agli altri, la propria umanità. È un serbatoio di alcolici e di egoismo. Un pozzo profondo di rabbia repressa e di misantropia. È un quarantenne alla deriva, professionista del gomito alzato ma anche della menzogna compulsiva, e i suoi orizzonti quotidiani non oltrepassano mai una routine più che collaudata: il lavoro alla mensa per anziani, svolto ovviamente di malavoglia, le lunghe sessioni etiliche in osteria, l’ansia di sfuggire alla pattuglia della Polizia Stradale, sempre la stessa, che lo aspetta dietro l’angolo come il coyote dei cartoni aspetta Beep Beep.

Diversamente dallo struzzo corridore, però, Bressan rimane immobile. Lascia che la vita gli scorra attorno, o gli passi sopra, e traveste da burbero fatalismo la propria inettitudine. La propria resa totale e incondizionata. Il proprio talento, tutt’altro che invidiabile, a divincolarsi da ogni forma di affettività. Non a caso, il curriculum vitae include un matrimonio fallito, un’ex moglie perennemente guardinga, il caritatevole compagno dell’ex moglie, e qualche rarissimo amico, dotato di pazienza sovrannaturale, in grado di sopportarlo ancora. E Zoran? Zoran rappresenta il corto circuito. L’ingranaggio che inceppa il sistema. La variabile inattesa che, forse, può rimettere in discussione le sorti dell’intera partita. Sì, perché Zoran non è soltanto un sedicenne occhialuto e problematico bisognoso di cure ed attenzioni: Zoran è il nipote scemo che Paolo Bressan non sapeva di avere!

La parola zio, dunque, fa irruzione nel bieco panorama di Bressan. E, assieme alla parola zio, ne arrivano anche tante altre. In parte sconosciute, in parte dimenticate. Un alfabeto sentimentale che, lentamente, si sovrappone alla grammatica di tutti i giorni, portando qualche timidissimo sprazzo di luce in mezzo a quel grigiore monolitico. Ostinato e monolitico. Ma prima che ciò avvenga, nel segno di una redenzione forse meno impossibile di quanto i fatti lascino giustamente sospettare, il rapporto tra zio (Giuseppe Battiston) e nipote (l’absolute beginner sloveno Rok Prašnikar) disegnerà una mappa bellica dove il cinismo si oppone alla dolcezza, il freddo calcolo alla buonafede, la truculenza all’eleganza. In un appassionante gioco delle parti che alterna i colori – ora sorridenti, ora grotteschi – della commedia a quelli, più tenui, della poesia e dell’intimismo.

«Dopo 13 anni trascorsi a Roma – racconta Matteo Oleotto – ho deciso di ritornare a casa mia, in Friuli Venezia Giulia, per girare il mio primo film. Gli anni trascorsi a Roma mi sono serviti per studiare e per formarmi come regista, ma anche per scrollarmi di dosso le dinamiche del piccolo centro in cui sono nato e cresciuto, nelle quali ero letteralmente immerso. Proprio questo distacco e il mio conseguente ritorno, mi hanno regalato la lucidità nell’osservarle che altrimenti non avrei avuto. E una grande voglia di raccontarle…».

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