Il ghiacciaio dello Jôf di Montasio è a rischio

Udine, 8 giugno 2012 – Potrebbe essere vicina la fine del ghiacciaio occidentale dello Jôf di Montasio, il più basso delle Alpi con i suoi 1900 metri sul livello del mare. È quanto emerge dagli ultimi dati raccolti nell’ambito di una campagna pluriennale di misurazioni effettuate per monitorare lo stato di salute dei ghiacciai del Montasio e del Canin. L’indagine è condotta da un gruppo di ricercatori e tecnici del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università di Udine in collaborazione con l’Ateneo di Padova, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Protezione civile regionale e l’Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia. I dati sono ancora in elaborazione, ma i primi numeri indicano un innevamento complessivo medio di circa quattro metri, la metà di quello dell’anno scorso. Anche se nel 2010 e nel 2011, grazie a nevicate abbondanti, c’è stata una tendenza alla ricostituzione della massa glaciale, l’inverno 2012 è stato avaro di neve e questo lascia supporre che il breve periodo di crescita è stato interrotto.

I rilievi vengono effettuati almeno due volte l’anno. Nel periodo maggio–giugno i glaciologi misurano l’accumulo di neve invernale, mentre a settembre–ottobre valutano le condizioni del ghiaccio, misurano lo scioglimento estivo e calcolano i numeri del bilancio di massa. E ormai in tutte le Alpi l’andamento del bilancio è quasi costantemente negativo. Oggi, grazie alla tecnologia (in primis scanner laser e Gps di ultima generazione), è possibile definire con precisione le condizioni di un ghiacciaio misurando in termini assoluti la quantità d’acqua dei ghiacciai, in forma di ghiaccio e di neve, e le sue variazioni annuali per studiare l’evoluzione climatica della criosfera alpina. Questi dati vengono poi utilizzati anche per stimare l’evoluzione della massa glaciale.

La campagna di misurazioni riguarda lo studio dell’evoluzione climatica della criosfera (superficie terrestre coperta da acqua allo stato solido) alpina e comprende anche i ghiacciai del versante orientale del monte Cevedale (a cavallo tra le province di Trento e Bolzano). In particolare, le Vedrette della Mare e del Careser. «Si tratta – spiega il professor Federico Cazorzi, coordinatore del monitoraggio per l’Università di Udine,– di una cooperazione tra istituzioni diverse in cui ciascuno mette il meglio delle proprie competenze e del proprio sapere».

Il team di esperti è salito sul ghiacciaio del Montasio con l’elicottero della Protezione Civile portando con sé gli strumenti per le misurazioni e le batterie che ne consentono il funzionamento. Un gruppo ha poi eseguito un dettagliato rilievo topografico della superficie del ghiacciaio utilizzando due diversi scanner laser di ultima generazione. Un altro ha scavato una profonda trincea nella neve per misurare il profilo di densità del manto, mentre altri componenti la spedizione hanno percorso l’intero ghiacciaio con il Gps sondando la profondità della neve.

La prima osservazione del ghiacciaio del Montasio è stata fatta da Ardito Desio nel 1920, ai piedi della ripida parete nord dello Jôf di Montasio (2754 metri). Il ghiacciaio è alimentato dalle precipitazioni nevose che caratterizzano le Alpi Giulie nel periodo invernale. Le numerose valanghe che scendono dalle pareti soprastanti moltiplicano lo spessore della neve che, in anni normali, arriva anche a venti metri. Poi d’estate il ghiacciaio, esposto a Nord, si rifugia all’ombra delle ripide pareti che lo sovrastano ed è protetto dall’azione solare, nella sua parte basale, da uno spesso strato di detriti rocciosi.

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