Si muore di Covid ma anche di crisi economica e la cultura finisce nel dimenticatoio

L’ultimo DPCM, seppur partendo da presupposti comprensibili per la gravità della situazione dei contagi, desta grandi perplessità per l’impatto che avrà sui settori della ristorazione e della cultura.
Gli orari imposti a bar e ristoranti con apertura alle 5 di mattina e, soprattutto, la chiusura alle 18 hanno il senso della beffa e celano anche il presupposto al contenimento delle forme di sostegno poiché alla fin fine si potrà essere loro opposto che le attività non sono state chiuse completamente. Paradossale.
Dal punto di vista oggettivo non si comprende il senso del provvedimento che cela un alto grado di diffidenza nelle capacità di regolamentazione dei titolari di bar e ristoranti. Ad esempio si poteva lasciare le aperture dei ristoranti prevedendo solo ed esclusivamente il servizio al tavolo con una effettiva tracciabilità dei presenti e un numero massimo di clienti per tavolo o in alternativa l’asporto.

Ancora più disarmante è che si faccia di tutta l’erba un fascio poiché le disposizioni sono sì generali ma non tengono conto della conformazione del Paese che è composto da grandi città ma, soprattutto, da tanti piccoli paesi dove i bar e i ristoranti oggettivamente non rappresentano il presupposto per pericolosi assembramenti, quelli per capirci con cui siamo martellati ogni giorno dalla televisione. Ad esempio, penso al confronto tra le attività presenti a Milano e quelle di un piccolo borgo come Valvasone Arzene dove gli imprenditori quotidianamente e in modo professionale si sono spesi per garantire quanto disposto dalle autorità sanitarie facendo stare seduti i clienti, registrando i loro nominativi, pulendo al loro rialzarsi e che non hanno causato alcun focolaio di contagio. E così è per tanti tantissimi paesi del nostro Friuli.

Allora perché non rivedere subito il DPCM dando orari per taglia di Comune così da seguire il Paese reale evitando di concentrarsi solo e soltanto sulle città. Questa omologazione uccide: basterebbe prevedere orari differenziati a seconda della popolazione e dell’importanza turistica o della densità degli abitanti a riconoscimento del principio previsto in Costituzione che risponde al nome di sussidiarietà… da Sindaco sarei chiamato ad assumermi la responsabilità di decidere ma ritengo che gli imprenditori saprebbero riconoscere l’autorevolezza del ruolo di autorità sanitaria che viene richiamato a corrente alterna a seconda delle circostanze condividendo modalità e orari di apertura ma almeno non vedrebbero compromessa la prosecuzione delle proprie aziende.

Tante volte lo Stato ha pensato alle città metropolitane o alle grandi città oggi avrebbe l’occasione di dimostrare attenzione anche ai piccoli borghi che fanno grande l’Italia.

L’altro ambito incomprensibile è il blocco della cultura con cinema e teatri chiusi. Anche in questo ambito chi negli ultimi mesi ha frequentato questo meraviglioso mondo ha verificato con mano le mille attenzioni poste e non solo nelle grandi strutture. Ancora una volta la mancanza di sensibilità verso la cultura pare celare un sentimento di sfiducia che desta non poca preoccupazione.