Tumori al seno, scoperti meccanismi proliferazione ghiandola mammaria

1 Formazione della struttura epiteliale ordinata di un acino osservato al microscopio

Udine, 5 novembre 2015 – Un gruppo di ricercatori dell’Università di Udine ha individuato alcuni meccanismi che influenzano la crescita cellulare della ghiandola mammaria, processi che possono essere alla base della formazione del tumore al seno, la neoplasia più diffusa nella donna. La scoperta è stata fatta dal gruppo di ricerca sulla proliferazione cellulare, coordinato da Claudio Brancolini, del dipartimento di Scienze mediche e biologiche. Il team ha identificato alcune regolazioni epigenetiche, cioè i meccanismi che influenzano la lettura delle informazioni scritte nel DNA della cellula, responsabili del controllo dell’accensione e spegnimento di geni regolatori della crescita cellulare. La scoperta potrebbe ora aprire le porte a nuove soluzioni terapeutiche per il trattamento di questi tumori.

«Le alterazioni epigenetiche al pari delle mutazioni dei geni – spiega Brancolini – svolgono un ruolo fondamentale nelle diverse fasi della crescita tumorale portando la cellula a leggere le sequenze del DNA in modo errato e causando una proliferazione incontrollata».

Per questi studi è stato adottato un modello sofisticato di colture cellulari in tre dimensioni, che mima la formazione della ghiandola mammaria e la sua normale organizzazione in acini. Questo modello permette di valutare in un contesto più prossimo alle condizioni del tessuto originale la crescita, il differenziamento e la morte delle cellule. In questo modo è possibile comprendere al meglio le alterazioni alla base della formazione del tumore della mammella.

«Questi risultati – sottolinea Brancolini – ci stimolano a proseguire in questa direzione, utilizzando modelli sempre più simili alla condizioni presenti nel tumore della mammella».

La ricerca ha guadagnato la copertina nel numero di novembre della rivista scientifica internazionale “Journal of Cell Science” (http://jcs.biologists.org/content/early/2015/09/23/jcs.170357.long), che pubblica i risultati. Lo studio rientra in un progetto triennale (“Defining the role of the MEF2-HDAC axis in cancer development”) finanziato con 209 mila euro dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc).

Il gruppo autore della scoperta comprende, oltre a Brancolini, Andrea Clocchiatti, ora ricercatore post dottorato all’Università di Harvard (Stati Uniti), Eros Di Giorgio, Giulia Viviani, Raffaella Picco, Andrea Sgorbissa, Charles Streuli (Università di Manchester, Regno Unito), e Valentina Cutano.