Chiuse 7 imprese su 10 del commercio, alloggio e ristorazione del FVG

Sette imprese su dieci del commercio, dell’alloggio e della ristorazione del Friuli Venezia Giulia sono chiuse. Oltre 40mila insegne spente. I fatturati azzerati. Anche l’impossibilità di prevedere quando si uscirà da una paralisi cui il terziario è costretto dalle norme statali datate 11 marzo per fronteggiare la diffusione del contagio da coronavirus. Confcommercio Fvg informa che il commercio in regione conta 12.577 aziende chiuse: il dettaglio parla di 6.884 attività di commercio all’ingrosso, 5.362 di commercio al dettaglio, 331 di commercio e riparazione autoveicoli. Ce ne sono poi 584 del settore ricettività e 7.210 della ristorazione. Il totale è imponente: 40.742 chiusure, di cui 19.100 a Udine, 10.486 a Pordenone, 6.750 a Trieste, 4.406 a Gorizia.

«Siamo a oltre il 70% – commenta il presidente regionale di Confcommercio Fvg Giovanni Da Pozzo –. Sono le imprese chiuse da ormai due settimane, cui vanno aggiunte le tante dell’artigianato di servizio e quelle inserite nel Dpcm firmato dal governo domenica sera –. È uno spaccato impressionante di attività impossibilitate a lavorare e quindi ad avere anche un minimo ricavo. I danni al sistema economico sono ingentissimi».
Servono dunque «sforzi straordinari, al di fuori dei canali della normalità da parte dell’Europa, dello Stato e della Regione. Il primo problema da affrontare è quello della necessità di liquidità per le Pmi. In assenza di risposte concrete, una grande parte del Paese rischierà di entrare in un loop negativo che si trasferirà dal terziario al manifatturiero». Nell’immediato, prosegue Da Pozzo, «va anche risolto il nodo della cassa integrazione in deroga ben oltre i mesi di marzo e aprile. La tenuta del sistema deve necessariamente passare anche attraverso le garanzie sull’occupazione».

La Regione, conclude il presidente di Confcommercio Fvg, «è intervenuta con misure significative a favore delle Attività produttive, ma è nel bilancio più generale che si deve ora agire. Serve una manovra di assestamento straordinaria, che scavalchi i parametri tradizionali. Altrimenti, il comparto economico nella sua ampiezza non reggerà».