CIE: a Gradisca 98% con precedenti penali

“Basta con le strumentalizzazioni: sul CIE di Gradisca è necessario fare chiarezza e precisare qual e’ la reale situazione all’interno della struttura, sia dei trattenuti che delle Forze dell’Ordine che ci lavorano”.

Ad affermarlo il consigliere regionale del Pdl Roberto Novelli che questa mattina ha tenuto una conferenza stampa sul tema insieme al segretario provinciale del SIULP (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia) di Gorizia Giovanni Sammito ed al segretario provinciale del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) di Gorizia Angelo Obit.

“Ringrazio fin da subito la Questura, la Prefettura ed i Sindacati delle Forze dell’Ordine – ha rilevato Novelli – che mi hanno fornito i dati sul CIE di Gradisca e che hanno voluto partecipare alla conferenza stampa. Una conferenza stampa, dove si è voluto portare anche la testimonianza di chi al CIE di Gradisca ci lavora ed opera”.

“Innanzitutto va chiarito che i CIE non vanno confusi con i CARA, dove arrivano gli immigrati che richiedono asilo politico nel nostro Paese. Nel CIE dio Gradisca, infatti, il 98% dei trattenuti sono persone con precedenti penali ed in attesa di essere espulse dall’Italia. Sono queste le persone che poi creano anche disordini all’interno della struttura, cercando, così, di creare un clima inospitale e cercando di fare passare il messaggio che si tratta di veri e propri lager”.

“Questo è falso – ha proseguito l’esponente del Pdl – com’è falso che vi sono stati eccessi da parte delle Forze dell’Ordine. Anzi, il numero di agenti all’interno della struttura è talmente basso che gli stessi vanno incontro a possibili pericoli per la loro incolumità e togliendo anche fondamentali risorse al territorio”.

“E’ bene ribadire che l’immigrazione ha un costo notevole: sembra che lo scorso anno l’Italia abbia speso 1,6 miliardi per fermare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Una cifra ed un’emergenza (come si è visto con la gravissima tragedia di Lampedusa) che, è evidente, non possiamo fronteggiare da soli. E’ necessaria una risposta sia dall’Europa che una maggiore collaborazione da parte dei Paesi di provenienza degli immigrati che il più della volte rimandano il riconoscimento ed il conseguente rimpatrio”.

“Non è giusto – ha concluso Novelli – beatificare chi sceglie di venire nel nostro Paese e delinquere. La domanda viene spontanea: se i CIE chiudessero, dove verrebbero mandate tutte queste persone?”

“Dati alla mano – ha aggiunto Sammito – il CIE di Gradisca costa in totale 8,6 milioni all’anno (nei quali sono compresi anche i danni alla struttura), per circa 12mila Euro a persona trattenuta. Ma i costi sono anche quelli delle risorse umane che vengono sottratte al territorio: quotidianamente 30 unità che non sono certo assunte ad hoc, ma che vengono assegnate al CIE. Da qui il primo paradosso: il CIE di Gradisca è il più grande d’Italia (potenzialmente può accogliere fino a 240 unità) situato nel territorio più piccolo”.

“Come sindacati di Polizia, chiediamo di poter essere messi nelle condizioni di svolgere al meglio il nostro lavoro e di poter gestire anche le situazioni più imprevedibili che dobbiamo fronteggiare ogni giorno. In questo senso sarebbe necessario predisporre un regolamento nazionale che valga per tutte le strutture. Allo stesso tempo rigettiamo con fermezza tutte le affermazioni in base alle quali il trattamento all’interno del CIE di Gradisca sarebbe inumano: questo non è assolutamente vero – conclude Sammito – perché non ci sono mai stati eccessi da parte delle forze dell’Ordine”.

“Quello di Gradisca – ha sottolineato Obit – è il CIE più efficiente d’Italia con il 63% di rimpatriati, mentre 7% dei trattenuti si è allontanato in maniera illecita. Ecco un altro paradosso della legge italiana: se, infatti, un cittadino italiano sotto custodia si allontana senza permesso, viene sottoposto a sanzione, mentre un immigrato trattenuto al CIE che fugge, non commette alcun tipo di reato. Altro dato degno di rilievo: ben il 4% dei trattenuti al CIE sono persone che sono già state rimpatriate e che sono tornate nel nostro Paese clandestinamente”.

“Desta preoccupazione anche la situazione dei dipendenti della Cooperativa Connecting People che operano all’interno del CIE di Gradisca e che – ha concluso Obit – non solo operano in condizioni di pericolo e con scarse dotazioni, ma sono quattro mesi che non percepiscono lo stipendio”.