Parisi, “La politica ha percepito la digitalizzazione solo in superficie, per comunicare sui social”

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Il presidente di Energie per l’Italia è intervenuto oggi al Future Forum Udine in una conversazione sul nuovo e sul futuro con Mosè Ricci, moderata dal giornalista de Il Giornale Paolo Bracalini

Nella politica di questi tempi, un bravo politico è considerato chi sa comunicare, «ma se non c’è il pensiero dietro, se non sappiamo come trasformare la nostra burocrazia e l’amministrazione pubblica e non abbiamo ideali chiari, non potremo mai comunicare una cosa che convinca. Renzi è uno che comunica bene, peccato che poi, dietro, non ci sia niente e non dica la verità». Stefano Parisi, imprenditore e manager del digitale, più recente sceso in campo, come si diceva “una volta” e oggi presidente di Energie per l’Italia, è intervenuto nella terza giornata del Future Forum organizzato dalla Camera di Commercio di Udine, in una conversazione con Mosè Ricci, docente di progettazione urbanistica dell’Università di Trento ed esperto di rigenerazione urbana, moderata dal giornalista de Il Giornale Paolo Bracalini. Una conversazione che si è addentrata su che cos’è il nuovo, oggi, e cos’è veramente cambiamento e futuro, nella tecnologia, nell’economia, nella società e nella politica.
«Oggi – ha aggiunto Parisi – i politici non convincono e i cittadini prendono metaforicamente a sberle la politica che non ha più contenuti, ma solo slogan costruiti da esperti di comunicazione. So che sarò misurato anche io su queste sfide, ma ritengo impellente che ci siano contenuti, ci sia un pensiero, e che la gente che fa politica siano persone di qualità, persone integre, ma esperte».
«Mentre il futuro avanza velocissimo nell’immateriale, nella rete e nei dispositivi e negli strumenti che fanno cambiare anche i nostri mestieri e il nostro lavoro – ha detto poi Ricci – poco o nulla di questo coinvolge veramente lo spazio fisico: anzi, lo spazio fisico è svuotato perché la tecnologia sposta in uno spazio immateriale cose che prima costruivamo nello spazio fisico. Questo svuotamento esplode con il detonatore della crisi economica, lasciando patrimoni immobiliari e industriali abbandonati. Quello che cambia non è nuovo, ma è solo una manipolazione dell’esistente». Per Parisi, l’innovazione ha comunque omogeneizzato aspetti estetici della vita, mentre ha modificato profondamente la sostanza. «Dentro, l’innovazione tecnologica è potentissima. Ci troviamo in un grandissimo cambiamento, fortemente trainato dall’evoluzione digitale, che ha portato alla globalizzazione e con essa anche fenomeni come il terrorismo islamico, la trasformazione dell’industria verso servizi, il declino demografico, il fenomeno dell’immigrazione. Sono tutti fenomeni che in qualche modo derivano dalla trasformazione digitale e che dobbiamo capire oggi con parametri diversi da quelli del secolo scorso».

E la politica «non ha capito che questi fenomeni devono essere analizzati con categorie nuove. La vera innovazione per la politica è stata solo l’uso della tecnologia per la comunicazione, usare i social per comunicare. Ma Il pensiero politico – ha detto Parisi –, il luogo alto dell’uomo che pensa a come affrontare i grandi fenomeni collettivi, non si è evoluto con la tecnologia: la politica invece si è limitata a usare internet per un fatto esteriore, come la comunicazione, che è un’inezia rispetto a quanto può invece portare questa trasformazione».

Parlando di come l’innovazione trasformi il lavoro. «In Italia facciamo più convegni sul digitale che fatti – ha detto Parisi –. Ci siamo fermati alla superficie. Pensiamo alla Pa, che è digitalizzata con 4 miliardi di investimento l’anno. Ma si è digitalizzata nella logica dell’amministrazione pubblica, “a silos”, ossia sono stati digitalizzati i diversi centri di potere senza una vera integrazione dei dati. La logica è quella che ripercorre il modello di gestione di potere, non quella al servizio di cittadini e utenti. La grande trasformazione digitale che noi stiamo proponendo è fondamentale ed è l’interoperabilità, con cui si può davvero in pochi anni cambiare qualità della vita e ridurre la disoccupazione, abbattendo tasse e burocrazia soffocante sulle piccole imprese». E alla domanda di Bracalini se non ci sia oggi anche una retorica del nuovo, se non sembri favorito chi non ha fatto mai niente e non ci sia così un rischio di incompetenza, Parisi ha risposto che «è un fenomeno evidente ed è pure espressione di omologazione a un pensiero mainstream che resta in superficie». Per Parisi bisogna infatti «avere una nuova classe dirigente, di persone esperte e di persone oneste. Bisogna andare controcorrente. Abbiamo tanti parlamentari – ha evidenziato – che ormai non hanno più nulla da dire e sfuggono dal rapporto con la società e invece bisogna ricostruire un rapporto con la gente, di contatto e confronto. La società è complessa e la complessità richiede persone di qualità. Bisogna mandare in parlamento persone che sono meglio di noi, non peggio. Persone che hanno un rapporto con la società. Ci sono invece ministri che non sanno nulla di quello per cui sono chiamati a quell’incarico. Abbiamo un ministro della funzione pubblica – ha chiosato – che non è adatto a fare il ministro della funzione pubblica: devi avere esperienza nel settore che ti trovi a gestire oppure sei una temeraria se accetti di farlo».