Udine: aggressioni ai medici, la questura si mobilita

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La Questura di Udine scende in campo accanto agli operatori sanitari sempre più vittima di aggressioni sia verbali sia fisiche, con un escalation che preoccupa e richiede in Friuli l’attivazione di misure di sicurezza organizzative ed ambientali. “Stiamo eseguendo una mappatura con l’Azienda Sanitaria 4 Medio Friuli per poter installare degli allarmi in modo da intervenire tempestivamente grazie a questi alert speciali”, rende noto il vicequestore di Udine Luca Carocci intervenuto al primo evento formativo organizzato dall’Ordine dei medici di Udine nella sede ordinistica. Fra le proposte oggetto di analisi, appunto, spuntano gli allarmi anti-aggressione. In pratica, appena l’operatore sanitario intuisce che la situazione con un paziente o un caregiver rischia di degenerare, aziona l’allarme che arriva direttamente alla pattuglia o alla squadra d’intervento più vicina. “E’ evidente che se in città – aggiunge il vicequestore – le forze dell’ordine intervengono anche di notte, visto che il servizio di pattuglia è h24, lo stesso non si può dire per le periferie dove il servizio termina alle 20, ad esempio”. In questi casi, a detta del vicequestore, si potrebbe valutare il coinvolgimento della sicurezza privata che garantisce i servizi notturni ed è sempre reperibile con le ronde notturne anche in aree periferiche”. In questi casi si tratterà di creare un network operativo fra Aziende Sanitarie, Strutture ospedaliere periferiche, servizi territoriali, numero di emergenza e gli Istituti di sicurezza privata.

Una proposta a cui plaude il Presidente dell’Ordine dei medici di Udine, Maurizio Rocco: “Di fronte ad un fenomeno di inaudita gravità è necessario predisporre contromisure urgenti e non rinviabili; certo, la possibilità di allarmi anti-aggressione è molto valida, al pari dell’ipotesi di garantire una protezione anche tramite la sicurezza privata,con guardie armate e preparate”.

Sulla base di recenti sondaggi somministrati ai medici emerge che 2 medici su 3 sono vittima di aggressioni; il 70 per cento delle vittime sono donne. Stando alla media dell’Inail si registrano 3 casi di aggressione quotidiana (sia verbale sia fisica) contro gli operatori sanitari. “Molte volte i medici o gli operatori sanitari non denunciano e non segnalano perché si vergognano, quindi il fenomeno è sottostimato”, dichiara il medico Vito Cortese, specialista in Anestesia e Rianimazione, oltre che esperto in Scienze e Tecniche psicologiche all’Università di Trieste, che ha insegnato ai medici le tecniche di comunicazione efficace nell’ottica di de-escalation dei conflitti con tanto di simulazioni pratiche.

Durante l’evento i medici hanno portato alla luce recenti esperienze personali di aggressione: una dottoressa dell’Odontostomatolgia aggredita e sequestrata da un paziente drogato (“ero rimasta paralizzata – racconta -, mi continuava a spingere e non lasciava uscire né me né la mia infermiera, ho denunciato alla Direzione e ho segnalato alla Questura”); un medico ha raccontato di essere stato minacciato con un coltello, altri medici che lavorano in Pronto soccorso hanno elencato aggressioni all’ordine del giorno e più volte al giorno: “Se dovessimo denunciare tutto, staremmo più tempo a segnalare che ad assolvere al nostro compito”, ha dichiarato una dottoressa del pronto soccorso che ha aggiunto: “Siamo costretti ad intervenire perché pazienti e familairi danno in escandescenza, e non soltanto in caso di pazienti ubriachi…”, per non parlare di chi esercita la professione nella medicina di continuità assistenziale, si pensi all’infermiera picchiata da un pakistano, costretta a 3 mesi di cure