Udine: crollano i negozi, ma aumentano bar e alberghi

Cala, nel suo complesso, la presenza del commercio al dettaglio. Sia dentro che fuori il centro storico. Aumenta, o almeno tiene, il comparto alberghi, bar e ristoranti. La fotografia sul Friuli Venezia Giulia, che riguarda il periodo 2008-2019, è contenuta nell’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio “Demografia d’impresa nelle città italiane”, illustrata giovedì 20 febbraio a Roma nella sede nazionale della Confederazione, presente il presidente Carlo Sangalli.

Gli obiettivi

La finalità dell’Osservatorio (avviato nel 2016) è di monitorare nel tempo l’andamento degli esercizi commerciali e delle attività di alloggio e ristorazione per cogliere i cambiamenti della rete comunale di servizi al consumatore e, conseguentemente, anche per neutralizzare eventuali patologie.

Il focus

L’indagine, realizzata con il contributo di Si.Camera (Agenzia delle Camere di commercio), ha interessato 110 comuni di medie dimensioni capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluogo più popolosi, con la distinzione “Centri storici” vs “Non centri storici”. Per i 120 comuni è stato analizzato dal 2008 al 2019 l’andamento dello stock delle imprese del commercio al dettaglio di 13 categorie merceologiche (tra cui alimentari, rivendite tabacchi, farmacie, carburanti, computer, telefonia, libri, giocattoli, tessili, abbigliamento, ferramenta, mobili, commercio ambulante); degli alberghi e delle attività di ristorazione.

Il trend nei capoluoghi del Fvg

Due capoluoghi su quattro del Fvg, Trieste e Gorizia, compaiono nella top ten dei centri storici a rischio declino commerciale. Trieste fa segnare un calo di 59 imprese di commercio al dettaglio dal 2008 (erano 219) al 2019 (160, 15 in meno anche del 2016), mentre aumentano alberghi (da 10 a 25), bar e ristoranti (da 112 a 132). A Gorizia centro il commercio al dettaglio crolla da 312 a 221 imprese, ma anche in questo caso crescono alberghi (da 3 a 5), bar e ristoranti (da 117 a 124). Stesso trend a Udine: commercio al dettaglio da 608 a 541, alberghi da 19 a 24, bar e ristoranti da 338 a 342. E a Pordenone: commercio al dettaglio da 332 a 271, alberghi stabili a quota 9 (ma 2 in più del 2016), bar e ristoranti da 143 a 155.

Un percorso di innovazione

«Il crescente fenomeno dei negozi sfitti nelle città – commenta il presidente di Confcommercio regionale Giovanni Da Pozzo – è dovuto a cause diverse quali, tra l’altro, la modifica del comportamento di acquisto, la mancata corrispondenza tra l’offerta commerciale e la domanda del consumatore, problemi di vivibilità, accessibilità e declino urbano». Per fronteggiare il fenomeno, «servono, anche in Fvg, politiche di rigenerazione urbana innovative in grado di promuovere valori comuni, in ambito sociale, culturale ed economico». Il ruolo economico e sociale dei negozi di vicinato e dei pubblici esercizi «resta strategico». Da parte sua il terziario «deve saper assecondare il percorso dell’innovazione e non farsi trovare impreparato dal cambiamento che la digitalizzazione imprime ai modi di vivere, produrre, acquistare e comunicare».