Udine: Future Forum, Fornero “Ci vuole coesione nel paese”

ajaxmail«Il Paese non può intraprendere uno sviluppo se non si respira un’aria di maggior coesione». Elsa Fornero, economista ed ex Ministro del Lavoro, ha aperto l’ultima giornata del Future Forum, parlando a tutto campo di prospettive future del lavoro e delle politiche attive, di welfare e previdenza, soffermandosi anche con tanti studenti che le hanno chiesto suggerimenti e consigli per il loro futuro e rimanendo in Sala Valduga ad assistere anche all’incontro successivo, con Carlo Borgomeo ed Eldar Shafir.

 

«Il lavoro oggi è il tema dei temi – ha detto Fornero, intervistata dal direttore de Linkiesta Francesco Cancellato e dal vicedirettore del Messaggero Veneto Giuseppe Ragogna –, ma spesso non se ne comprende la complessità. Sul lavoro incidono moltissimi fattori, a partire da quelli demografici, per cui viviamo una trasformazione che cambierà l’aspetto della nostra società. Viviamo con la prospettiva tremenda di una stagnazione secolare e mentre nel mondo c’è bisogno di creare ricchezza c’è questa minaccia che incombe. Metà dei lavori di oggi, nel prossimo decennio, sono destinati a cambiare o a sparire con l’ingresso massiccio dei robot e la rivoluzione del digitale. Minaccia o opportunità? Di fronte a questa complessità, che ho solo tratteggiato, cosa possono fare i politici?». Fornero ha dato anche alcune risposte. «Politiche macroeconomiche spingono al rilancio: ma quando sei molto indebitato è difficile poter spendere. Ci restano perciò le riforme del mercato del lavoro e poi c’è un altro elemento di cui parliamo molto, ma senza collegarlo a questo tema: è istruzione, istruzione, istruzione». Per Elsa Fornero, è questo un aspetto chiave che dovrebbe essere considerato parte delle politiche del lavoro. «Formare le persone è essenziale. Sono però politiche con risultati di medio termine: comprendono tutto ciò che si fa sulla scuola, sulla formazione professionale e sulla formazione continua, il “life long learning”. E il passaggio dall’enunciazione alla pratica non è facile: può accadere che le persone rimangano senza lavoro e noi dobbiamo mettere in pratica misure per aiutarle a trovare nuove professionalità, magari vicine alle loro, anche grazie alla formazione continua. In molti Paesi questo è diventato realtà». E insistere sulla formazione è stato anche il suggerimento che la Fornero ha dato a Riccardo, lo studente che le ha chiesto come guardare con speranza al futuro. Auspicando anche che si mettano maggiori attenzione e risorse da parte della politica e della società su chi deve strutturare politiche attive per il lavoro. Perché, ha detto, «può accadere purtroppo che il lavoro si perda, ma la politica deve essere in grado di dare la direzione e dire che cosa può fare per aiutare a trovarne uno nuovo».

 

Delle riforme del lavoro, Fornero ha sottolineato come «ci si aspetta sempre che, appena fatta la riforma, subito si crei lavoro, ma servono invece periodi più lunghi perché se ne dispieghino gli effetti». Della riforma delle pensioni, l’ex ministro ha detto  è stata l’unica cosa che ha ridotto il debito pubblico. Quando ho potuto parlare con le perone a tu per tu, magari non erano più felici, ma capivano. Chi è al governo deve avere la possibilità di fare, ma siccome nulla è perfetto e tanto meno lo sono le riforme del governo, serve un controllo, un monitoraggio e un aggiustamento. Una riforma senza investimenti comunque non crea lavoro. Nessuna riforma crea posti di lavoro. Ma, se funziona bene, ne facilita la creazione, facilita l’incontro tra domanda e offerta, l’orientamento che i giovani devono avere»

Dell’Europa, Fornero ha ribadito: «Diffidate da chi ve ne parla male. Perché la nostra salvezza sta nella miglior integrazione in Europa. Proviamo a vedere che cosa l’Europa può fare in più, lavoriamo su questo, ma non proviamo ad abbandonarla. È facile dire che l’Europa ci ha imposto l’austerità. Ma il debito non l’ha fatto l’Europa, il nostro debito è tutta opera nostra». Ed è tornata per qualche istante al 2011 e alla nascita del Governo Monti. «Tanti parlano di cospirazione, ma quale cospirazione? Nel 2011 il problema era trovare i soldi per il mese dopo. Il governo di prima era bloccato, non riuscivano più a prendere decisioni, e questa non è una cospirazione. La mia idea che l’Italia abbia perso la bussola da vari decenni: la politica deve tornare a riconoscere una direzione e questo Paese deve recuperare un forte senso di coesione».

 

Elsa Fornero si è fermata poi a parlare con il pubblico e gli studenti presenti e si è quindi fermata in sala Valduga per assistere al dibattito successivo. Moderati dal giornalista Rai Marco Ventura, sono intervenuti Eldar Shafir, scienziato comportamentista e professore all’Università di Princeton, coautore del best seller Scarcity (Il Saggiatore), e Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione per il Sud. Un incontro che ha invitato alla riflessione sul punto di vista con cui guardiamo le cose, a partire da quelle che abbiamo in abbondanza o di cui siamo scarsi. Se infatti cambiamo prospettiva, anche la povertà può diventare opportunità di cambiamento. Secondo Shafir, il tema è quello della scarsità o di diverse scarsità, che ci pongono comunque tutti nello stesso stato mentale: mancanza di tempo, di cibo, di relazioni sociali, di denaro. Queste mancane contribuiscono a creare uno stato psicologico in grado di influenzare capacità cognitive e comportamenti. Ogni forma di povertà, come hanno dimostrato studi ed esperimenti di Shafir, concentra risorse mentali su ciò che manca, sull’emergenza del momento, ci porta a massimizzare la prestazione e l’efficienza nel rispondere al bisogno. Contemporaneamente, ci “ruba” ogni energia intellettuale, riduce le capacità cognitive e lascia poca attenzione a tutto ciò che ci circonda. Se vivi in povertà, sei portato a utilizzare il denaro con più oculatezza, perché sei concentrato sul problema, ma secondo Shafir «è come guidare attraverso una tempesta, tutto il resto, la periferia non entra nel nostro campo visivo». Una visione innovativa della povertà che invita a ripensare l’economia e le politiche di sviluppo tenendo conto non solo degli effetti quantitativi e finanziari, ma anche di quelli cognitivi. Anche per Borgomeo serve un cambio radicale di prospettiva e ha parlato in particolare della situazione dell’Italia del Sud. «Non c’è sufficiente consapevolezza della povertà reale dell’Italia e del sud in particolare e dunque poca attività di denuncia e pochi interventi per combatterla. Il welfare, come sistema che serve a riparare danni del sistema economico capitalista, è un modello ormai superato che non può più andare bene. Non si può parlare di nuovo sviluppo economico su territori in cui c’è profonda diseguaglianza. È necessario rovesciare la gerarchia delle priorità: gli investimenti per il sud vanno focalizzati sulla formazione e l’istruzione dei giovani, sull’inclusione dei disabili e progetti di rafforzamento della comunità. Se ci convinciamo che questa è la prima battaglia da combattere per lo sviluppo collettivo, allora si può cambiare rotta anche economicamente».