Udine: le nuove professioni nella società ultraconnessa

20180406_103334-1440x1080Tra le nuove professioni legate alla cultura e al turismo che i millennials possono intraprendere, ci sono per esempio le figure del “rigeneratore urbano”, che sta nella comunità e ne ridisegna spazi comuni e funzioni sociali, o quella dell’“audience developer”, in grado di far partecipare e crescere una comunità all’interno del progetto culturale e turistico del luogo. O ancora quella del data journalist, capace di integrare competenze comunicative e di storytelling con altre scientifiche, statistico-economiche e informatiche, leggendo e trovando nuove storie da raccontare dentro l’enorme mole di dati oggi a nostra disposizione. Dall’incontro rivoluzionario tra nuove tecnologie e patrimonio c’è oggi l’opportunità, per chi vuol diventare un professionista della cultura, di sviluppare una missione da “eroi”, intesi come persone con il coraggio di cominciare strade nuove attraverso la fantasia e la creatività che questo mondo robotizzato non può sostituire, persone in grado di avviare e intraprendere avventure inedite per aprire squarci di innovazione anche in realtà finora poco abituate a confrontarsi con il futuro. La riflessione è stata al centro della terz’ultima tappa del Future Forum della Camera di Commercio di Udine, quest’anno concentrato sulle “economie della bellezza”, cioè sulle potenzialità di un territorio come quello friulano, che ha una ricchezza aggiuntiva: cinque siti Patrimonio Unesco nel raggio di pochissimi chilometri, siti che rappresentano una immensa opportunità di sviluppo, anche occupazionale. Nella sede dell’Università di via Gemona a Udine, con tantissimi partecipanti e molti giovani delle scuole superiori e dell’Università, il confronto, moderato dal direttore If di Pisa e Digital strategy advisor di Gedi Gruppo Editoriale Claudio Giua, ha visto succedersi le diverse esperienze di Agostino Riitano, project and cultural manager del progetto Matera Capitale della cultura, Mirko Lalli, fondatore e ceo di Travel appeal, startup sviluppata in H-Farm che porta l’esperienza turistica a un nuovo livello migliorando l’attività tanto del turista quanto dell’azienda che opera nel settore, Marco Antonio Attisani, fondatore e Ceo di Watly, il primo computer, sviluppato in Friuli, che funziona a energia solare, purifica l’acqua, genera energia elettrica e permette la connettività, e Nico Pitrelli, responsabile comunicazione della Sissa di Trieste. Assieme a loro anche Andrea Zannini e Simonetta Minguzzi, direttore e docente del Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Udine.
Per Zannini, «parlare di turismo culturale significa riflettere sulla partecipazione dei cittadini alla vita comunitaria», ed è necessario, ha detto, «farsi carico della bellezza dei posti in cui viviamo con consapevolezza e affetto per la loro cura. L’uso intelligente del patrimonio culturale apre molteplicità di potenzialità che richiedono una formazione superiore». Se per la Minguzzi «l’innovazione tecnologica offre opportunità di rinnovare anche le professioni più tradizionali della cultura», Riitano ne ha portato gli esempi, evidenziando come si stiano consolidando «progetti di innovazione culturale in grado di generare processi di innovazione sociale. Mentre attivo nuovi modi di promuovere un sito culturale, attivo anche la comunità, le persone, il welfare. In Italia abbiamo mappato circa 2500 progetti di questo tipo e lì dentro ci sono professionalità e sensibilità che non provengono da percorsi formazione tradizionali». Professionalità con «l’attitudine a mettere in campo nuove idee, che sanno muoversi in contesti tendenzialmente ostili all’innovazione, che sono “antifragili”, prosperano cioè nel caos con spirito aperto, sapendo gestire anche il fallimento in maniera rapida e senza paura». Pitrelli, responsabile della comunicazione del progetto Trieste città della Scienza ha ragionato sulle potenzialità che proprio la scienza ha di generare nuove professioni, mettendosi oggi in relazione con competenze e realtà totalmente diverse, di cui è chiamata a risolvere problemi. Come nel caso dell’informazione e del giornalismo, messi in discussione dalle nuove tecnologie, cui però proprio l’integrazione con la scienza può aiutare a trovare nuova identità. Attisani di Wotly, ha poi sottolineato che «l’innovazione non risiede nello strumento tecnologico, perché il vero motore è lo spirito umano. Non dovete lavorare – ha detto ai più giovani – ma abbracciare una missione, scegliere un obiettivo per migliorare il mondo e perseguirlo come gli adulti di oggi non sono stati in grado di fare». Come ha rimarcato infine Lalli nel suo apprezzatissimo intervento, «in una realtà in cui «2617 volte al giorno consultiamo il telefono, passiamo il 70% del tempo da svegli guardando media, la nostra capacità di attenzione è crollata da 12 secondi a 8 (un pesce rosso ne ha 9) e il 39% dei millennials dichiara di avere un rapporto emotivo con il proprio cellulare abbiamo l’opportunità unica di valorizzare anche umanità e identità culturale con le nuove tecnologie. Dobbiamo però capirle e padroneggiarle». Per Lalli, sono due le grandi tendenze, già rivoluzioni in atto: «la tecnologia blockchain, non tanto per le criptomonete ma per la sua capacità di rivoluzionare completamente Internet e la fruizione che noi abbiamo dei servizi, e in secondo luogo l’intelligenza artificiale. Nei prossimi 10 anni – ha concluso – sappiamo che spariranno tanti lavori, ma saranno tutti lavori utili per risolvere problemi semplici. Rimangono aperti tutti i lavori in grado di risolvere problemi complessi. E poi la nostra creatività: non c’è in questo momento una intelligenza artificiale che possa sostituirla».