Udine: malgari contro la Fondazione Montasio, “prenderebbe le nostre malghe in cambio di ben poco”

L’Associazione Friulana Tenutari Stazioni Taurine ed Operatori Fecondazione Animale e’ la legittima proprietaria dei quasi 1100 ettari dell’altopiano del Montasio. L’attuale consiglio di amministrazione ha proposto la modifica di un articolo dello statuto, che consentirebbe la trasformazione dell’associazione in Fondazione. Tale proposta non e’ stata approvata durante l’assemblea straordinaria del 22 novembre scorso ed anzi hanno prevalso i NO, per 28 voti a 24.
Dal punto di vista giuridico, il problema sorge in un momento e in punto ben preciso:
20 dicembre 2011 – articolo 2, commi 20 e seguenti della Legge Regionale nr 184(Finanziaria per il 2012), più precisamente nelle parole “ conferimento al patrimonio ” contenute nel comma 20 che così recita:

“20. La Regione è autorizzata a promuovere la costituzione di una fondazione, di seguito denominata Fondazione Montasio, per la promozione del formaggio Montasio anche attraverso il conferimento al patrimonio della stessa del compendio delle Malghe Montasio in Comune di Chiusaforte e la relativa gestione e valorizzazione. “

Seguono poi gli altri commi in cui vengono individuati :

1. gli altri fondatori, cinque, Comune Chiusaforte, provincia Udine, Comunità Montana del Gemonese, Parco Prealpi Giulie e, ovviamente, la Regione;

2. le ulteriori finalità e compiti della fondazione da richiamarsi nello statuto e cioè la tutela ambientale, la valorizzazione architettonica, il mantenimento delle attività agro-silvo-pastorali e zootecniche, il miglioramento fruibilità turistica e il supporto alla promozione del Montasio Dop.

Tralasciando il fatto che la gran parte degli scopi secondari sono attuali scopi statutari della Associazione Tenutari, il punto focale è che la Fondazione è un ente senza scopo di lucro in cui il fondatore destina un patrimonio, vincolandolo in modo perpetuo, ad uno scopo. Ciò significa che la Fondazione Montasio riceverebbe perpetuamente un bene, Le Malghe Montasio ( circa 1100 ettari del valore di 6 ml euro),donatole o, se volete “ conferitole”, dall’Associazione Tenutari che contestualmente ne verrebbe spossessata, per perseguire un determinato scopo. Il risultato è che i circa 60 tenutari, riuniti nella omonima associazione, ne perderebbero la proprietà.

Il contributo di 3,5 ml, previsto in finanziaria al comma 32, e spalmato in 19 anni (180 mila/anno), tra l’altro ballerino visto il giro di valzer di tagli e aggiunte di questi ultimi giorni in tema di cultura e parchi, non viene erogato a ristoro della perdita, ma quale investimento in infrastrutture su un patrimonio altrui, dal punto di vista dei tenutari,
cioè quello della fondazione.

Il fatto che sia previsto (così sembra : a parole – e si sa che verba volant e scripta manent – forse) che i tenutari possano esprimere il 50%, 5 su 10, dei consiglieri d’amministrazione, cioè dell’organo di gestione del patrimonio, non significa altro per loro che: l’eventuale possibilità di co-gestione di un patrimonio non più loro. Mentre ora lo gestiscono al 100% e ne sono proprietari al 100%. Potremmo sindacare sulla bontà della gestione, ma questo è un altro discorso.

Nel panorama italiano, in verità, le Fondazioni di partecipazione nascono a metà degli anni ’90 nel settore della cultura, poi si affermano in campo socio-assistenziale e sanitario, ultimamente in quello dell’istruzione, settori questi, in cui la parte del leone, in termini di conferimento, la fa la parte pubblica: stato, regione, comune,o altro che sia;e i privati, spesso numerosi, contribuiscono più modestamente e spesso con apporti di facere.

Per capirci , potreste pensarla come fu definita in origine dai suoi “inventori” Enrico Bellezza-notaio in Milano- e Philippe Daverio, “una SpA ad azionariato popolare diffuso, senza però azioni e con il divieto di distribuire utili”.

Nel nostro caso invece abbiamo la quasi totalità del patrimonio conferito da un fondatore privato, cioè donato dai tenutari ed eventualmente co-amministrato con rappresentanti di enti pubblici che vi conferiscono ciò che è già di tutti. Noi contrari alla fondazione riteniamo, secondo il principio di Einaudi “conoscere per deliberare”, chiediamo che venga convocata al più presto un assemblea che ci permetta di illustrare in maniera esaustiva e giuridica i pro e i contro della trasformazione in fondazione e le altre alternative possibili senza escludere il fatto di rimanere associazione.
Noi escludiamo nella maniera più assoluta l’ipotesi di qualsivoglia vendita del patrimonio anche in caso di trasformazione in società con scopo di lucro. Va da se che l’espressione dell’ultima assemblea ha delegittimato il consiglio d’amministrazione in carica e i suoi programmi.

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