Udine: metalmeccanica in ripresa

È stato presentato oggi, nella sede di Confindustria a Udine, il risultato dell’analisi “La Metalmeccanica nel Friuli Venezia Giulia. Analisi strutturale e trend negli ultimi 15 anni”, commissionata dal Cluster COMET alle Università degli Studi di Trieste e Udine.

Presenti Sergio Emidio Bini, Assessore regionale alle Attività Produttive, Sergio Barel, Presidente Cluster COMET, Marina Chiarvesio, del Dipartimento di Scienze economiche e statistiche dell’Università degli Studi di Udine, e Mattia Onofri, Sales Manager di Euler Hermes Italia.

Alla presentazione della ricerca è seguita una tavola rotonda moderata da Michele Nencioni, Direttore Generale di Confindustria Udine, e alla quale sono intervenuti: Roberto Siagri, Presidente sezione Metalmeccanica Confindustria Udine, Angelo Megaro, Direttore Centro Studi Federmeccanica, Guido Bortoluzzi, del Dipartimento DEAMS dell’Università di Trieste, e Giulio Fornasiere, Consigliere d’amministrazione di Mechanics.

Le conclusioni sono state tratte dalla Presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli.

Sono quasi 250 le imprese del campione rappresentativo oggetto dello screening condotto dai due Atenei per elaborare un report idoneo a delineare l’andamento, negli ultimi quindici anni, del comparto della metalmeccanica, motore trainante dell’economia regionale.

Il coinvolgimento delle due università friulane ribadisce l’importanza della collaborazione e del sapere far squadra e conferma la volontà del Cluster COMET di cooperare e sostenere le eccellenze del territorio. Un impegno, questo, che ha portato l’Ente ad essere riferimento regionale per la gestione del sistema Metalmeccanico, nonché, il Cluster più importante del territorio, che rappresenta più di 3.800 imprese, oltre 54.000 occupati. Un settore che rappresenta il 48 per cento delle aziende manifatturiere del Friuli Venezia Giulia.

Siamo di fronte a un tessuto imprenditoriale piuttosto frammentato e complesso – precisa Sergio Barel, Presidente del COMET Cluster – rappresentato da aziende a conduzione prevalentemente familiare. È chiaro quindi come il Cluster giochi un ruolo strategico nell’aggregazione di queste imprese e nell’ascolto delle loro necessità. Diventa fondamentale il tema delle aggregazioni per affrontare sfide comuni, dividendo i rischi e cogliendo insieme opportunità e stimoli.”

Sul cruciale peso del comparto della metalmeccanica nell’economia nazionale è intervenuto Angelo Megaro, Direttore Centro Studi Federmeccanica: “nel primo trimestre 2018, i volumi produttivi sono diffusamente cresciuti rispetto agli ultimi tre mesi del 2017 e, al contempo, il settore della metalmeccanica rappresenta il 50% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera in Italia, con un consolidamento dell’export pari a 215miliardi di Euro”.

Conferma l’andamento positivo nazionale, la nitida fotografia scattata da questa analisi: dopo anni di sofferenza, la filiera metalmeccanica ha saputo reagire, dimostrando una naturale resilienza. Il fatturato complessivo delle società di capitali a fine 2016 appariva sostanzialmente in linea con quello pre-crisi, ma con segnali incoraggianti provenienti soprattutto dalle medie imprese (+10,2% in termini di ricavi) e dalle piccole (+3,4%), che in questo periodo hanno “tenuto” (durante la crisi) e reagito (poi) meglio delle microimprese, da un lato, e delle grandi multinazionali dall’altro.

Un risultato che è stato possibile grazie alla lungimiranza di imprenditori che hanno scommesso su ricerca, progettazione, internazionalizzazione e servizi. In pratica, sul cambiamento del modello di business. Una tendenza testimoniata dal fatto che ben un terzo delle imprese intervistate (33 per cento) ha dichiarato di aver trasformato in misura significativa il proprio modello di business verso da una logica imperniata sui prodotti, ad una servizio-centrica, nella quale il prodotto rappresenta solo una componente dell’offerta complessiva dell’impresa.

Dissolta la nebbia della crisi, infatti, si fa limpido l’avvento di un settore che punta a diventare centro dell’economia mitteleuropea, capace di dialogare con il mondo intero.

Tanto è vero che oltre il 72 per cento delle imprese analizzate risultano commercialmente presenti all’estero – in primis, sul mercato tedesco – e ben il 51 per cento del fatturato complessivo delle imprese viene realizzato in mercati esteri. Ciò senza considerare il cosiddetto export definito “indiretto”, ovvero la vendita di componenti e prodotti ad aziende locali, per la loro incorporazione in prodotti finiti e tecnologie destinate ai mercati esteri.

In scia al dinamismo dell’export, impenna anche la voglia delle PMI di sperimentare e di confrontarsi con il nuovo paradigma dell’industria 4.0: il 78 per cento del campione ad esame ha dichiarato, d’altronde, di aver adottato almeno una delle soluzioni o tecnologie 4.0.

Pur avendo coperto molte tematiche – internazionalizzazione, competitività, collaborazione lungo la filiera, eccetera – era inevitabile che la nostra ricerca dedicasse ampio spazio al tema del momento: l’Industry 4.0”- ha chiarito Marina Chiarvesio, del Dipartimento di Scienze economiche e statistiche dell’Università degli Studi di Udine – “quello che emerge dal rapporto è che nel comparto metalmeccanico regionale c’è molta voglia di sperimentare e di confrontarsi con queste tecnologie. Tre imprese su quattro hanno dichiarato di aver adottato almeno una delle soluzioni del 4.0. Si tratta di un valore elevato che però si accompagna a un percorso di adozione molto selettiva: poche tecnologie, e in linea con le strategie di sviluppo già avviate e con le strategie di innovazione in essere. In generale, nei contesti della fornitura e della subfornitura, la nuova manifattura digitale deve trovare un modo di sposarsi con modelli di business sedimentati – fatti di competenze produttive e di relazioni di filiera – che hanno fatto della metalmeccanica italiana una delle più competitive al mondo”.

Tuttavia, dall’ascolto delle necessità degli imprenditori, è chiaro come, nonostante l’effettiva intenzione di sperimentare nuove tecnologie e la storica propensione all’innovazione incrementale, vi siano ancora delle incertezze sulla reale applicabilità e quindi ad investire in tecnologie adatte a un’innovazione radicale.

Ha aggiunto Guido Bortoluzzi, del Dipartimento DEAMS dell’Università di Trieste: “un imprenditore intervenuto alla tavola rotonda mi ha detto che nel nostro rapporto legge l’evoluzione della sua azienda negli ultimi 15 anni. È proprio il messaggio principale che esce da questo rapporto: pur nella sua elevata varietà interna, quello meccanico è un comparto nel quale la competitività delle imprese non si gioca più su singole dimensioni, come possono essere l’innovazione, l’internazionalizzazione, la dotazione tecnologica o la qualità del prodotto. Ma su un mix di questi fattori. O detto in altre parole, sul modello di business.”

Ed è proprio da qui che il Cluster COMET vuole partire per l’aggiornamento delle traiettorie “S3” della metalmeccanica in Friuli Venezia Giulia e implementare nuove attività e progetti: trasformando il tradizionale tessuto imprenditoriale friulano in Industria 4.0, considerando, però, sempre centrale il ruolo dell’uomo.

Per questo, nel tema del trasferimento tecnologico deve entrare la collaborazione con il mondo della formazione tecnica di secondo grado e universitaria con logica duale e non di contrapposizione scuola/impresa che appartiene al secolo scorso.

Aggiunge ancora Barel: “il settore metalmeccanico vive del saper fare. Il tema del trasferimento tecnologico e delle competenze è la chiave della sostenibilità e dello sviluppo del settore, perciò il ruolo degli istituti di formazione diventa fondamentale per le nostre imprese. Da qui la necessità di una valutazione dei progetti della filiera da supportare con criteri e ruoli nuovi in cui anche il Cluster può e deve avere un ruolo.”

Un impegno che si assume anche la Regione di cui si fa portavoce l’Assessore alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini: “I dati emersi dall’analisi rappresentano in modo chiaro come il comparto metalmeccanico traini l’economia della nostra regione. Le imprese nel contesto attuale si trovano a dover ridefinire i propri modelli di business, soprattutto in funzione delle nuove tecnologie che consentono di migliorare l’efficacia e l’efficienza, anche in ottica industry 4.0, dei processi produttivi delle nostre imprese. Un sistema, quello metalmeccanico, che ci impegniamo a supportare con tutti gli strumenti che l’amministrazione regionale ha a disposizione e che, veicolati anche tramite il Cluster, possono generare valore al tessuto imprenditoriale locale, accompagnandolo e supportandolo nella crescita e nell’innovazione. COMET è un asset strategico per la nostra regione, che implementa le attività attraverso un costante ascolto delle imprese, e con il quale intendiamo intensificare le progettualità future portando conseguente beneficio al tessuto imprenditoriale. Oltre al tema dell’ascolto, le parole chiave nel dialogo con le aziende devono essere partecipazione e progettualità: i tre elementi fondamentali per l’imprenditoria regionale. L’efficienza del cluster e la sua vicinanza alle esigenze delle imprese risulteranno un elemento imprescindibile nel prossimo futuro per lo sviluppo del sistema produttivo della Regione Friuli Venezia Giulia.”

Ha concluso Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine: “La chiamavano industria pesante. Lo era. E contava quanto pesava. Ora non è più pesante come un tempo. E non conta quanto dovrebbe. La metalmeccanica era ed è la spina dorsale del nostro sistema produttivo, un patrimonio di conoscenze e risorse umane insostituibile. Dietro al made in Italy – fatto di prodotti belli, ben fatti e al giusto prezzo – ci sono i macchinari, c’è la metalmeccanica. A fianco dei servizi, del terziario – indissolubilmente legata – c’è la manifattura. Quindi ancora la metalmeccanica. I grandi Paesi sviluppati, Usa in testa, hanno riportato la manifattura, e la metalmeccanica in particolare, al posto che le compete. Lo stanno facendo ponendo al centro dell’agenda politica la questione industriale. Faremmo bene a fare altrettanto, ma purtroppo vediamo che le priorità, in Italia, sembrano essere altre. Noi, Confindustria, diciamo invece che l’impresa e il lavoro devono essere la prima preoccupazione dei nostri governi”.