Unabomber: la storia dal 94 a oggi

Unabomber è l’appellativo usato dalla stampa italiana per riferirsi all’autore di numerosi atti di violenza commessi in Veneto e in Friuli nelle decadi 1990 e 2000. È un feritore e bombarolo seriale la cui strategia, priva di un movente plausibile, consiste nel collocare in luoghi pubblici o aperti al pubblico ordigni esplosivi in grado di menomare i malcapitati. (tratto da wikipedia
Le azioni attribuite a Unabomber sono complessivamente una trentina (31 o 33 secondo le diverse ricostruzioni) e si distribuiscono nell’arco temporale che va dal 1994 al 2006, con un periodo di quiescenza fra il 1996 e il 2000. L’individuo è rimasto ignoto, non ha mai rivendicato i suoi atti e si è dimostrato particolarmente abile nell’evitare di lasciar tracce, ma ha seminato il panico in una vasta zona dell’Italia nordorientale incentrata sull’asse Pordenone-Portogruaro-Lignano.
Il suo caso irrisolto rappresenta una delle vicende di cronaca che più hanno impressionato l’opinione pubblica, per la sua inestricabilità, la sua apparente irrazionalità e il terrore infuso nella popolazione dagli attentati, estremamente subdoli e capaci di ferire obiettivi casuali e indifesi. Inoltre, ha colpito spesso nelle occasioni festose e più di una volta ha scelto come bersaglio i bambini.
Cronologia degli attentati [modifica]

1993 [modifica]
Portovecchio (Portogruaro), 8 dicembre 1993. Il giorno dell’Immacolata esplode una cabina telefonica.[9]
1994
Sacile, 21 agosto 1994. È in corso la 721ª edizione della Sagra dei Osei e vi partecipano almeno 50.000 persone. Alle 10,45 una donna raccoglie un tubo di ferro nei pressi di un cespuglio di ortensie, tra una fontanella e una cabina telefonica. L’oggetto è lungo circa 30 cm, imbottito di esplosivo e biglie di vetro: è il tubo bomba che si rivelerà una costante degli attentati di Unabomber. Deflagra ferendo lievemente la donna e due dei suoi figli. Il fenomeno criminale non è ancora noto, e gli investigatori battono piste terroristiche.[6]
Pordenone, 17 dicembre. Un altro tubo bomba simile all’ordigno di Sacile esplode davanti alla Standa di piazza del Popolo, sotto una siepe, intorno all’ora di chiusura del magazzino nella giornata di sabato. Una ragazza resta lievemente ferita dai frammenti di una vetrina.[6][12]
Aviano, 18 dicembre. L’indomani, quarta domenica d’Avvento, un terzo tubo esplode in un cespuglio vicino al sagrato della parrocchiale di Santa Maria e Giuliana, proprio mentre i fedeli escono dalla messa. Non ci sono feriti.
1995
Azzano Decimo, 5 marzo 1995. La domenica di Carnevale due tubi esplodono a distanza di poche centinaia di metri l’uno dall’altro. Le detonazioni si confondono con i rumori della festa, ma nessuno resta ferito.
Pordenone, 30 settembre. Sono di nuovo due i tubi abbandonati nella stessa giornata, questa volta nel capoluogo, e uno di essi determina il primo grave ferimento. È stato collocato in via Fratelli Bandiera, nei pressi di un’abitazione e vicino a un cassonetto della spazzatura. Alle 16,30 viene raccolto dalla pensionata Anna Pignat. L’ordigno esplode provocandole gravissime lesioni agli arti superiori. Il secondo tubo viene recuperato in via Fratelli Rosselli, da un’altra donna che non percepisce il pericolo e lo porta a casa. L’indomani, venuta a conoscenza del primo episodio, sistema il tubo sulla bicicletta e lo consegna ai carabinieri. I militari fanno brillare la bomba perdendo l’occasione di mandarla ad analizzare.
Aquileia, 11 dicembre. Esplode una cabina telefonica: è il primo attentato compiuto fuori dalla provincia di Pordenone.
Latisana, 24 dicembre. Alla vigilia di Natale un episodio analogo si verifica a Latisana, che come Aquileia è in provincia di Udine.
Bibione (San Michele al Tagliamento), 26 dicembre. Il giorno di Santo Stefano un attentato colpisce Bibione, nota località balneare della provincia di Venezia.
1996 [modifica]
Claut, 2 aprile 1996. Un’esplosione di poco conto si verifica anche in questo piccolo centro delle Dolomiti friulane, che risulta così la più remota delle località colpite.
Bannia (Fiume Veneto), 22 aprile. Un altro attentato senza gravi conseguenze investe questa frazione.

Bibione (San Michele al Tagliamento), 4 agosto. Per la prima volta due località balneari sono scosse da altrettanti gravi attentati, di domenica e in piena alta stagione. Il fatto di Bibione non ha conseguenze. Alle 6 del mattino, in spiaggia, un bagnino raccoglie un tubo di circa 20 cm. «Ti che te racati tuto, vara che bel pesso de tubo»,[17] dice l’uomo a un collega. Quest’ultimo prende il tubo, ne svita un’estremità e viene sorpreso da una fiammata. Molto seccato, butta l’oggetto in un cassonetto pensando alla bravata di qualche ragazzo. Soltanto la sera giunge a conoscenza di un episodio simile, ma dagli esiti molto più seri, avvenuto nella vicina Lignano. Recupera allora il tubo e lo consegna ai carabinieri
Lignano Sabbiadoro, 4 agosto. Un tubo bomba è stato abbandonato all’interno dell’ombrellone aperto intorno alle 10,30 dal turista domese Roberto Curcio. L’uomo vede cadere l’oggetto e lo raccoglie. Il tubo esplode causandogli gravi lesioni alla mano destra e la recisione dell’arteria femorale. Curcio perde i sensi e viene trasportato al pronto soccorso, dove si decide di trasferirlo in terapia intensiva all’ospedale di Udine, per operarlo d’urgenza a causa della grave emorragia. Il tubo misurava circa 18 cm di lunghezza per 3 cm di diametro ed era avvolto in un giornale, l’edizione pordenonese del Messaggero Veneto datata 2 agosto 1996. L’episodio scatena il panico della popolazione, dei villeggianti e degli operatori turistici della zona. Una falsa rivendicazione rivaluta l’ipotesi terroristica e manda sotto inchiesta il professor Agostinis, ma di lì a poco la momentanea interruzione degli attentati apre invece gli scenari della pista militare.
1998 [modifica]
Poincicco (Zoppola), 1º febbraio 1998. Un ordigno inesploso viene scoperto presso una trattoria della Pontebbana.[23] L’episodio si verifica però nel periodo in cui Unabomber viene comunemente ritenuto inerte, e in genere non gli è ricondotto.
2000 [modifica]
San Vito al Tagliamento, 6 marzo 2000. È nel portogruarese che la serie degli attentati riprende. Il primo episodio non ha conseguenze, ma prefigura due novità: l’uso di ordigni camuffati da oggetti innocui e la presa di mira di un bersaglio sensibile come i bambini. A San Vito un ordigno inesploso viene trovato dentro una bomboletta per le stelle filanti il lunedì di Carnevale.
Lignano Sabbiadoro, 6 luglio. La cittadina costiera è teatro di un nuovo grave attentato che si consuma verso le 17 in danno di Giorgio Novelli, carabiniere casalecchiese in pensione. Un tubo metallico di circa 30 cm di lunghezza per 3 cm di diametro viene raccolto dall’uomo sul bagnasciuga e trasportato per 400 m. Esplode ferendo l’anziano al volto e riducendolo in coma. Il congegno doveva essere dotato di un timer attivato dal movimento. L’innesco era diverso dai precedenti e la bomba era studiata per resistere all’acqua. Al momento della deflagrazione Novelli si trovava con la nipotina, ed emerge in seguito anche la circostanza che il tratto di spiaggia interessato ospitava una colonia di bambini. Ancora una volta il fatto scatena il panico, nel bel mezzo della stagione balneare.
San Stino di Livenza, 13 settembre. Un tubo bomba esplode in un vigneto nel corso della vendemmia, ferendo lievemente al tallone una donna.
Portogruaro, 31 ottobre. In questa data inizia una sequenza di tre attentati tutti compiuti nello stesso ipermercato. Il primo episodio conferma già la svolta strategica di Unabomber, che ormai nasconde gli esplosivi all’interno degli oggetti comuni. In questo caso si tratta di una confezione di uova. L’acquista un uomo di Azzano che si insospettisce alla vista di alcuni fili e la consegna ai carabinieri. Viene scoperto un ordigno contenuto in un uovo lessato, svuotato e abilmente ricostruito. Insolitamente, nell’uovo si trovano due tracce: un capello e della saliva, di cui viene repertato il DNA.
San Stino di Livenza, 1º novembre. Un altro ordigno viene scoperto nello stesso vigneto del precedente, dopo un mese e mezzo da questo e all’indomani dell’attentato di Portogruaro.
Portogruaro-Pinè (Cordignano), 7 novembre. Intorno alle 20,30 un tubetto di pomodoro acquistato all’ipermercato di Portogruaro esplode ferendo una donna, l’operaia Nadia Ros, che riporta gravi lesioni a una mano. Anche in questo caso l’attentatore ha operato con maestria, introducendo l’ordigno dalla giuntura inferiore della confezione, mentre il tappo appare sigillato. Le forze dell’ordine setacciano l’ipermercato ed esaminano tutti i prodotti al metal detector.
Portogruaro-Roveredo in Piano, 17 novembre. A dispetto della bonifica del locale, gli scaffali dell’ipermercato riservano un’altra sorpresa a una donna che vi ha acquistato un tubetto di maionese. In questo caso però il marito, un militare, insospettito dall’insolita durezza dell’oggetto lo consegna ai carabinieri che trovano la bomba.
2001 
Motta di Livenza, 2 novembre 2001. Il giorno dei morti, alle 16, una bomba camuffata da cero votivo esplode nel cimitero, ferendo la custode del luogo Anita Buosi. La donna la raccoglie da una tomba e nota subito un’anomalia (il cero non è stato acceso), ma non ha il tempo di percepire il pericolo. Riporta gravissime lesioni alle mani e all’occhio destro.
2002 La parrocchiale di Cordenons colpita il giorno di Natale 2002.

Porcia, 23 luglio 2002. Unabomber torna a colpire i supermercati: è infatti all’IperStanda che abbandona il quarto ordigno camuffato da prodotto alimentare. La bomba è contenuta in un vasetto di Nutella acquistato da una donna. Verso le 20,45, nel tentativo di aprirlo, la cliente si accorge che dal barattolo si sprigionano rumori e fumi. Così lo deposita sul davanzale esterno di una finestra. L’oggetto esplode senza ferire nessuno. Le modalità dell’attentato inducono gli inquirenti a sospettare che il suo bersaglio fosse un bambino.
Pordenone, 2 settembre. Giunge conferma che Unabomber ha rivolto il proprio interesse ai giovanissimi: sono circa le 18 quando un bimbo di cinque anni resta ferito dallo scoppio di un tubetto di bolle di sapone, appena acquistato al Mercatone Zeta, sotto gli occhi della madre. Le ferite non sono gravi, ma l’accaduto desta enorme impressione nell’opinione pubblica.
Cordenons, 25 dicembre. Alla messa di mezzanotte del giorno di Natale, verso le 0,10, un tubo esplode sopra un confessionale della chiesa di Santa Maria Maggiore. Sul momento il celebrante non ne coglie il significato. Sono alcuni carabinieri in borghese che evacuano l’edificio e impongono di proseguire la funzione all’aperto. Non ci sono feriti.
2003 
Pordenone, 24 marzo 2003. Un ordigno esplode alle 12,23 nella toilette del Palazzo di Giustizia, al secondo piano, proprio nei pressi dell’ufficio del procuratore Domenico Labozzetta che sta indagando su Unabomber. Sembra una sfida all’autorità giudiziaria. Gli inquirenti sperano di incastrare il responsabile grazie ai sistemi di sicurezza: la prova più attesa, quella della videosorveglianza, risulta però inservibile a causa dell’usura dei nastri delle videocamere.[6][42][43]
Fagarè della Battaglia (San Biagio di Callalta), 25 aprile. Il giorno della Liberazione alcune famiglie sono accampate per una scampagnata mentre si consuma l’attentato che più scuote l’opinione pubblica. Alle 11.30 una bimba opitergina di nove anni apre un evidenziatore trovato sul greto del Piave. L’oggetto esplode procurandole gravissime lesioni alla mano e all’occhio. La piccola verrà operata a Monza dal professor Marco Lanzetta che le applicherà una protesi, l’anno seguente.[46]
2004 
Portogruaro, 2 aprile 2004. In prossimità della Pasqua, la donna delle pulizie della chiesa di Sant’Agnese scopre uno strano oggetto nascosto dentro il cuscino di un inginocchiatoio e lo consegna al parroco. Il sacerdote a sua volta non lo riconosce, e così pure le persone alle quali lo mostra, che lo scambiano per un accendino. Lo detiene in canonica credendolo un pesce d’aprile, finché un collaboratore si insospettisce e lo consegna di propria mano alla polizia. Si tratta di una pericolosissima bomba alla nitroglicerina congegnata per esplodere alla pressione delle ginocchia sul cuscino. Nel maggio seguente le forze dell’ordine perquisiscono per la prima volta l’abitazione di Elvo Zornitta.
2005 
Treviso, 26 gennaio 2005. Unabomber si spinge all’estremità occidentale del suo raggio d’azione, collocando un ordigno in uno di due ovuli di plastica Kinder Sorpresa abbandonati in via Verdi, sopra una centralina telefonica nei pressi del tribunale. Alle 9,20 l’involucro viene spostato da un ragazzo di dodici anni della scuola media di Badoere (Morgano), in trasferta con la classe per assistere a una rappresentazione teatrale nel capoluogo. Il giovane getta a terra il contenitore e lo calcia contro il recinto di un’abitazione. L’oggetto si apre ed esplode senza ferire nessuno. L’altro ovulo conteneva un semplice pupazzetto.
Motta di Livenza, 13 marzo. È domenica e, al termine della messa principale nella chiesa di San Nicola vescovo, una bimba di sei anni accende una candela votiva elettrica con l’aiuto di una donna. Il dispositivo esplode ferendo gravemente la piccola e leggermente la donna, mentre un anziano sviene alla vista del sangue. Il caso vuole che la sera prima Anita Buosi, la donna gravemente ferita nel cimitero di Motta nel 2001, abbia acceso a sua volta alcuni ceri anche dallo stesso candeliere. Il parroco testimonia tuttavia che al mattino le candele erano state sostituite. La bambina verrà operata con successo.
Concordia Sagittaria-Bac?u, 16 marzo. Poco dopo l’episodio di Motta, un ordigno inesploso viene rinvenuto dalle Suore della Misericordia di Bac?u in Romania. Era contenuto in una scatola di sgombri, probabilmente inviata insieme ad altri aiuti umanitari dalle consorelle di Concordia Sagittaria, un anno prima. Le religiose italiane però non confermano né smentiscono la circostanza, limitandosi a dichiarare: «Se qualcuno ha fatto del male sarà punito dalla giustizia divina»
Portogruaro, 9 luglio. Alle 13,30 una donna, uscita di casa in bicicletta, sente cadere un oggetto da sotto il sellino: è un involucro esplosivo. Il mezzo di trasporto era rimasto depositato una settimana alla stazione e altri tre giorni nel cortile di casa della proprietaria. La bomba conteneva nitroglicerina ed era stata neutralizzata della pioggia che aveva battuto la cittadina per molti giorni.
2006 
Porto Santa Margherita (Caorle), 6 maggio. Sul litorale presso la foce del Livenza due fidanzati trovano una bottiglia che apparentemente contiene un messaggio. Il ragazzo, l’infermiere Massimiliano Bozzo, prende a maneggiarla determinando l’esplosione che lo ferisce gravemente e provoca lesioni anche alla giovane. Poco prima l’oggetto era stato notato da un uomo che aveva rinunciato a raccoglierlo

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