Far East Film Festival: ABERDEEN 25 Aprile ore 20.00

ABERDEEN
Dopo le sue escursioni nelle forme più lubriche del cinema, che lo hanno portato a dirigere Vulgaria, il grande successo osé del 2012, e a produrre, lo scorso anno, SDU: Sex Duties Unit, Pang Ho-cheung torna decisamente alla commedia drammatica raffinata con Aberdeen. Nel suo nuovo film – incentrato su una piccola famiglia di Hong Kong alle prese con problemi legati ad alcuni segreti custoditi gelosamente – fiorisce tutta una serie di piccole storie personali.

La prima ad apparire sullo schermo è Cheng Wai-Ching (Miriam Yeung), che troviamo al lavoro, con l’aria avvilita, dieci anni dopo la morte della madre, con la quale aveva un rapporto molto teso. Nemmeno la vita familiare di Wai-Ching è tutta rose e fiori: è sposata con un ecografista (Eric Tsang), che ha una relazione clandestina con la sua giovane infermiera (Jacky Choi). Il fratello, Cheng Wei-tao (Louis Koo), invece, è l’ambizioso tutor di una scuola preparatoria di alto livello che per ragioni molto profonde non può sopportare l’idea che la sua moglie-attrice-modella da esposizione Ceci (Gigi Leung) gli abbia dato una figlia “brutta” (Lee Man-Kwai). Nel frattempo il patriarca Dong (Ng Man-tat) officia riti taoisti per i defunti, anche per espiare le azioni dei suoi antenati pescatori, e ha una nuova compagna, Ta (Carrie Ng), che lavora in uno squallido night club: motivo per cui Wei-tao non la considera degna di alcun rispetto. Anche la città intorno alla famiglia ha i propri segreti, come attesta la scoperta di ordigni inesplosi vecchi di decenni vicino all’appartamento di Wai-Ching.

Pang dimostra da tempo di avere un talento particolare per creare materiale cinematografico dinamico partendo dalle situazioni più semplici, e in Aberdeen concretizza la sua convinzione che tutti abbiano segreti da nascondere in una narrazione per il grande schermo di prima qualità. Si ritrova spesso quel tocco disinvolto che ritorna nelle ultime opere di Pang, mentre al direttore della fotografia Jason Kwan si devono le suggestive sequenze stile fantasy e a Peter Kam la colonna sonora di grande raffinatezza. A volte gli eventi virano verso lo stravagante, come quando fa la sua comparsa una balena spiaggiata o quando le offerte funerarie di carta assumono un ruolo più importante; eppure tutto scatta al servizio della narrazione quando i protagonisti di Aberdeen si ritrovano ad affrontare i loro problemi. È evidentissima anche l’estrema attenzione di Pang per ogni minimo dettaglio, non da ultimo nell’ottenere il permesso di utilizzare del materiale hollywoodiano per un riferimento cinematografico fondamentale, fatto insolito per un’opera di Hong Kong.

Anche gli attori se la cavano egregiamente. Miriam Yeung è una presenza scenica forte nei panni della profondamente afflitta Wai-ching, alla disperata ricerca di un modo per chiudere alcune questioni con i suoi genitori. E nel ruolo di una madre impegnata alle prese con alcune difficoltà sul lavoro, dove le colleghe fanno carriera passando per i letti giusti, Gigi Leung traccia un ritratto di ampio respiro che costituisce una delle sue migliori interpretazioni degli ultimi anni. Oltre a Yeung e Leung, Pang ottiene interpretazioni di grande naturalezza anche da Louis Koo e Eric Tsang, mentre Ng Man-tat, Carrie Ng e i volti nuovi Jacky Choi e Lee Man-Kwai completano la famiglia con le loro ottime prestazioni.

Tutti coloro che seguono le tendenze del cinema di Hong Kong troveranno che Aberdeen si inserisce in modo inequivocabile nell’attuale filone di film di alto livello che collocano al posto d’onore le storie ambientate nella città. Pang e il suo team conferiscono dall’inizio alla fine una deliziosa atmosfera locale al loro film, sia lasciando spazio sullo schermo alle preoccupazioni della gente comune, sia attingendo alle tradizioni e presentando luoghi caratteristici come il museo della difesa costiera, o ancora utilizzando splendidi modellini del paesaggio urbano. Ma al di là del nettissimo sapore locale, uno dei principali punti di forza di Aberdeen risiede nel suo nucleo universale che non tocca solo le relazioni umane, ma suggerisce anche di fare un bel respiro profondo e andare avanti, in mezzo agli scogli della vita.
Tim Youngs