È probabilmente l’unico provino cinematografico sopravvissuto del muto sovietico e viene presentato nel programma pomeridiano di lunedì 3 ottobre delle Giornate del Cinema Muto, in corso a Pordenone fino a sabato 8 ottobre. Si tratta del provino di Raisa Garshnek per la parte della protagonista in Novyj Vavilon (La nuova Babilonia, 1929), il film più famoso di Kozintsev e Trauberg che ha inaugurato la trentesima edizione del festival con l’accompagnamento orchestrale di Dmitrij Shostakovich.
Raisa, che a 101 anni è ancora in ottima salute e ricorda benissimo quegli anni, lo ha conservato gelosamente per tutto questo tempo e solo pochi mesi fa ne ha fatto dono al Gosfilmofond di Mosca.
L’aspetto della Garshnek era sufficientemente francese per impersonare Louise, ma non era un’attrice, e tanto meno avrebbe potuto affrontare un importante ruolo psicologico in un dramma storico. Le fu comunque affidata una piccola parte, che non interpretò mai, come racconta in una recente intervista rilasciata allo storico Peter Bagrov e di cui si vedrà un estratto alle Giornate: “Si doveva aspettare seduti per ore finché il regista non avesse finito con gli episodi precedenti. Quel giorno il mio turno non arrivò mai. E il giorno dopo fui io a non presentarmi sul set. Ricordo bene quella sera: rimasi a casa a piangere. Dovevo affrontare un grosso dilemma. Se continuare il mio lavoro, che mi assicurava da vivere, o fare l’attrice: oggi ti offrono qualcosa, mi dicevo, e magari domani no, e ti toccherà star lì seduta tutta la sera a guardare mentre girano con gli altri attoriŠ Non erano tempi facili, era molto difficile trovare un lavoro. E quella fu la fine della mia carriera di attrice.”
Ignorava forse di essere passata tutt’altro che inosservata. Yelena Kuzmina – a cui fu affidato il ruolo di protagonista, grazie al quale sarebbe diventata una delle attrici più brillanti e richieste del cinema sovietico – ricorderà nelle sue memorie come l’avesse ferita l’incontro al guardaroba con la rivale – “una bellissima ragazza dai grandi occhi splendenti”.
Raisa Garshnek tornò al laboratorio, dove continuò a lavorare fino agli ultimi giorni del muto, per poi diventare, negli anni ’30, un ingegnere del suono.