Trieste: Hydrokarst, l’acquifero del Carso

hydrokarstIl progetto HYDROKARST si avvia alla sua conclusione che verrà celebrata il 21 e il 22 gennaio 2015 in un unico evento dedicato alla storia del progetto e al suo possibile sviluppo futuro grazie ai risultati raggiunti in questi anni di attività e collaborazione nella gestione coordinata e la tutela dell’acquifero del Reka-Timavo.

La fase di condivisione dati ha portato alla realizzazione di una base cartografica unificata e di una banca dati georeferenziata (GIS) di tutto il bacino del Carso Classico. Attraverso la raccolta dati prima, e l’elaborazione poi, si è giunti alla definizione di un modello concettuale dell’intero acquifero del Reka-Timavo. Buona parte di questi dati hanno successivamente permesso l’elaborazione delle carte di vulnerabilità, a loro volta determinanti per la delimitazione delle aree di salvaguardia.

Il monitoraggio della rete acquedottistica di distribuzione e la realizzazione di interventi per il risparmio idrico hanno permesso di promuovere progetti di minimizzazione delle perdite, ottimizzando tratti poco efficienti delle reti.

Costo totale: € 1.049.596,00.
durata: 36 mesi
localizzazione: Regione Friuli Venezia Giulia, regioni statistiche di Goriška e Obalnokraška.
Data di inizio: 01/02/2012
Data di conclusione: 01/02/2015

REALIZZAZIONI E RISULTATI
– Realizzazione della carta del Carso Classico con collegato database con dati idrodinamici, idrochimici e biologici delle acque ipogee, la vulnerabilità intrinseca e integrata, l’individuazione delle aree di
salvaguardia e relative metodologie, l’uso del suolo e l’efficienza della rete di distribuzione idrica e trends futuri.
– creazione di due partenariati stabili, uno tra Enti di ricerca (LP, PP1, PP2 e PP6) ed uno tra Enti operativi (PP3, PP4 e PP5).
– Una campagna di comunicazione dello sviluppo del progetto e degli obiettivi raggiunti, ovvero sette conferenze stampa ed un sito internet di progetto con aggiornamenti costanti;
– una campagna di sensibilizzazione sul Carso Classico ed il risparmio della risorsa idrica con la predisposizione di una pubblicazione divulgativa in n. 208.100 copie, un video divulgativo da inserire nel
sito internet;
– convegno in Italia ed in Slovenia, stampa degli atti in n°1.000 copie.

Geologia e geomorfologia del Carso Classico
Dalla collaborazione tra geologi sloveni e italiani, attivata nell’ambito del Progetto HYDROKARST, è emersa la necessità di unificare le unità formazionali e la loro nomenclatura. Estraendo, di comune accordo, i dati litostratigrafici, paleontologici, mineropetrografici raccolti sul campo dai geologi italiani e sloveni, si è giunti alla compilazione di una Carta geologica unitaria del Carso Classico.

Il modello idrogeologico
Sulla base delle informazioni desunte da bibliografia e dei rilievi eseguiti ad hoc nell’ambito del Progetto HYDROKARST, è stata redatta la Carta idrogeologica dell’acquifero del Carso Classico.
Nella Carta idrogeologica, che riporta gli areali di affioramento delle formazioni geologiche presenti, opportunamente raggruppate in funzione delle loro caratteristiche di conducibilità idraulica, sono state
riconosciute 4 classi di permeabilità per fratturazione e carsismo nelle unità rocciose e 5 classi di permeabilità per porosità nei depositi sciolti.
Nella carta sono riportate le informazioni relative ai punti di accesso alle acque sotterranee distinguendo gli ingressi delle cavità che raggiungono la falda, i pozzi, i piezometri e i punti di sorgenza. I risultati dei tracciamenti eseguiti nel tempo sono stati georeferenziati, congiungendo con linee rette i punti di iniezione e i punti acqua in cui il tracciante è stato rilevato. Per aiutare la comprensione della carsificazione e delle modalità di infiltrazione delle acque superficiali sono stati ubicati anche gli inghiottitoi più importanti o significativi e gli ingressi delle grotte note presenti nei catasti sloveno ed
italiano. Sono stati inoltre riportati i rilievi planimetrici delle cavità più estese del Carso Classico.
A corredo della Carta sono state elaborate alcune sezioni geologiche che consentono una visione tridimensionale dell’acquifero.

La rete di monitoraggio
I tre anni di ricerca del Progetto HYDROKARST hanno permesso di affinare un lavoro ormai plurisecolare di raccolta e analisi dei dati e di condividerlo formalmente tra i ricercatori ed amministratori sloveni ed italiani. Il bagaglio pregresso ci ha condotto ad individuare i punti chiave per comprendere l’idrodinamica del sistema ed analizzare lo stato qualitativo delle acque. È stata costruita una rete di monitoraggio abbastanza ampia da caratterizzare le acque in ingresso nell’acquifero del Carso Classico attraverso il campionamento delle acque dei fiumi Isonzo (2 punti, uno a monte e uno a valle della confluenza con il Vipacco), Vipacco e Reka (presso il Cerkvenikov mlin) e dell’inghiottitoio di San Canziano; di comprendere le caratteristiche dei deflussi sotterranei con il monitoraggio di alcune delle cavità (Abisso dei Serpenti – Ka?na jama, Grotta di Kanjaduce, Abisso di Trebiciano-Labodnica, Abisso di Rupingrande, Cavernetta di Comarie) che intercettano le acque di fondo carsiche, del Lago di Doberdò, di alcuni pozzi e piezometri (Castelvecchio, B2, B4, B9, B7, P1, V2) e delle principali sorgenti (Aurisina, Timavo, Sardos, Moschenizze, Lisert, Sablici, Pietrarossa, Mucille, Gabranca). A questi punti di monitoraggio si è aggiunto il piezometro di Storje realizzato ad hoc all’interno del progetto. Durante il periodo del Progetto, sono state realizzate 6 campagne di monitoraggio dei parametri chimico-fisici e batteriologici ed alcuni punti sono stati monitorati in continuo utilizzando sonde multiparametriche.

I test di tracciamento
Le direzioni di deflusso del Reka dall’inghiottitoio di San Canziano fino alle sorgenti del Timavo sono già state dimostrate in passato con numerose prove di tracciamento. Meno noto è invece il percorso ipogeo delll’area carsica a settentrione di Sesana. Il tracciante immesso ha raggiunto le sorgenti del Timavo e di Aurisina nel Golfo di Trieste in tempi molto rapidi con velocità di deflusso pari a di 38 m/h e 25 m/h rispettivamente.
E’ stata perciò effettuata una prova iniettando il tracciante in un pozzo nei pressi di Storje. Il tracciante immesso è stato dilavato nel tempo a velocità contenute dalle acque di infiltrazione e di deflusso
attraverso condotti secondari e/o fratture beanti; nonostante ciò ha raggiunto le sorgenti nel Golfo di Trieste in tempi molto rapidi. Questo conferma le ipotesi sulla notevole vulnerabilità dell’acquifero
carsico e sul pericolo rappresentato per le acque carsiche da un eventuale inquinamento dell’area in questione. In circostanze analoghe, gli inquinanti solubili potrebbero diffondersi attraverso l’acquifero
verso le sorgenti del Timavo e di Aurisina con le velocità che sono state registrate.

La protezione delle acque sotterranee
Gli acquiferi carsici presentano notevoli potenzialità idriche e vengono spesso sfruttati a scopo idropotabile, ma sono dei sistemi estremamente fragili e vulnerabili. Le autorità competenti e le società
acquedottistiche spesso non hanno gli strumenti e le basi scientifico-giuridiche tali da poter delineare le aree di salvaguardia di tali acquiferi. Da qui nasce l’esigenza di elaborare mappe tematiche specifiche che agevolino gli organi decisionali competenti. Per rispondere a queste esigenze all’interno del Progetto HYDROKARST, è stata pertanto realizzata la Carta della vulnerabilità intrinseca dell’acquifero del Carso Classico e sono stati informatizzati tutti i centri di pericolo.

La carta della Vulnerabilità delle Captazioni evidenzia come ampie aree del Carso Classico, complessivamente il 52,7% della superficie per 386 km2, siano a vulnerabilità da alta ad estrema, il che
rispecchia la suscettibilità dell’acquifero carsico all’inquinamento. La distribuzione a macchie di leopardo delle aree estremamente vulnerabili indica l’estrema variabilità dei territori carsici ed evidenzia che aree anche molto distanti dalle fonti di approvvigionamento possono presentare una vulnerabilità molto elevata. L’eterogeneità nei processi di carsificazione, infatti, fa sì che aree giustapposte siano caratterizzate da velocità di infiltrazione differenti. Dove l’infiltrazione è rapida, l’attenuazione degli inquinanti è bassa, dove l’infiltrazione è lenta, il potere di autodepurazione è maggiore. Inoltre alcuni volumi di acquifero sono connessi tra di loro attraverso grandi condotte che forniscono poca capacità di attenuazione trasferendo velocemente le acque, mentre altri sono connessi dai soli sistemi di fessurazione aventi una bassa conducibilità idraulica e una più alta capacità autodepurante.
Le legislazioni nazionali considerano il tempo di percorrenza delle acque nell’acquifero come il criterio base per la delimitazione delle aree di salvaguardia, anche in ambiente carsico. Questo approccio valido per gli acquiferi porosi non è altrettanto applicabile agli acquiferi carbonatici dove le aree di salvaguardia diventerebbero molto ampie e non terrebbero in considerazione l’eterogeneità dell’idrostruttura. La carta della Vulnerabilità delle Captazioni rappresenta perciò una valida base alternativa per la delimitazione delle aree di salvaguardia visto che tiene in considerazione tutti i parametri che guidano la possibile diffusione e propagazione di un inquinante in un acquifero carsico. Utilizzando questa base verrebbero tutelate non solo le aree nelle immediate vicinanze alle opere di captazione, ma anche tutti quei territori che, seppur distanti, sono in diretta connessione con i punti di prelievo. In quest’ottica, tutte le aree definite come “estremamente vulnerabili” nella carta della Vulnerabilità delle Captazioni, dovrebbero essere salvaguardate con tutele via via decrescenti in funzione della distanza dalle opere di captazione. Questo permetterebbe di tenere in considerazione anche gli effetti di diluizione. La salvaguardia dovrebbe essere assegnata anche ai territori limitrofi ai corsi d’acqua nelle prossimità degli inghiottitoi così come evidenziato in carta per il Reka, il Vipacco e la Raša.

Il progetto è finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.